“Li impicchiamo o li squartiamo?” è il dilemma serissimo per cui si è dibattuto sulla televisione di stato russa, nel programma condotto da Vladimir Solovyov – qualche giorno fa ospite di Massimo Vladimir Giletti. Gli sfortunati, per i quali non ci si riesce a mettere d’accordo sul fine vita, sono tre mercenari, due britannici e un marocchino, arrestati e processati da un tribunale della repubblica del Donetsk che li ha condannati a morte.

Durante la puntata del talk show, che ha visto un dibattito serratissimo e sguaiato, sono emerse due scuole di pensiero contrapposte: la vecchia, quella per cui i tre mercenari devono essere fucilati in quanto soldati, seguendo quindi la tradizionalità. A contrapporsi c’era il fronte dell’impiccagione. L’idea di impiccarli arriva dal parallelismo con l’esecuzione di Saddam Hussein che fu impiccato: “Perché dei soldati non dovrebbero esserlo?” domandava arrabbiato uno degli ospiti del programma.

Unica voce fuori dal coro boia è stata quella di un accademico russo che suggeriva di “non impiccarli ma adoperarli come merce di scambio con l’Europa”. A questa proposta si è alzato un muro di scudi: “Di loro – l’Europa – non ci fidiamo”. E’ vero, come ci si può fidare di un Europa che ha chiesto il rispetto della convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra? Sta infatti qui la differenza: il soldato russo Vadim Shishimarin, 21 anni, catturato dagli ucraini e processato per direttissima è stato condannato all’ergastolo e non alla pena di morte. Nonostante abbia ammazzato civili inermi. Mentre in Russia nei talk show gli ospiti, incoraggiati da Solovyov, dissertano sui metodi di uccisione come se stessero parlando di quello che hanno mangiato a colazione.

Ma siccome la madre degli stupidi è sempre incinta siamo certi che lo stuolo di utili scemi in Italia dirà che “è giusto. Meritano la morte e che quel dibattito sullo squartamento era necessario”. Non aspettiamo altro che sdoganarlo anche in Italia, mettendo al posto di una pecora una persona.

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