L’utilizzo della cannabis è ormai legale in tutto il Canada dal 17 ottobre 2018. Qualche giorno fa però il governo canadese ha approvato un progetto sperimentale per l’utilizzo personale di alcune droghe pesanti tra cui oppioidi, cocaina, metanfetamine ed ecstasy. Secondo questo decreto governativo, chi fa uso di queste droghe e verrà trovato in possesso di una quantità non superiore a 2.5 grammi non verrà più arrestato o denunciato. Il progetto verrà sperimentato nella provincia della British Columbia a partire dal 31 gennaio 2023, e avrà una durata di tre anni.

L’obiettivo di questo decreto governativo è quello di marginare il numero record sempre crescente di casi di overdose che nella sola provincia della British Columbia conta oltre 10.000 morti dal 2016 (più di 2200 morti solo nell’ultimo anno). Sì, un numero incredibile di morti da overdose non da combattere con la criminalizzazione del consumo delle droghe, ma al contrario permettendone il consumo senza criminalizzare la persona che ne fa uso. Sembra un controsenso, ma non lo è. E’ un passo molto coraggioso ed innovativo per affrontare il problema delle droghe. Mi spiego.

Alla base di questo decreto governativo c’è un concetto molto basilare che è ben chiaro a tutte le persone che operano nell’ambito della prevenzione e recupero delle tossicodipendenze, e (purtroppo) a tutti i familiari di persone che soffrono di tossicodipendenze: chi fa uso di droghe pesanti non è una persona che se la spassa, è una persona che soffre. Chi fa uso di droghe pesanti è una persona che ha bisogno di aiuto; infatti, la malattia mentale è alla base dell’assunzione di droghe pesanti. Quindi, l’utilizzo di droghe pesanti è primariamente un problema di salute, non di giustizia. Chi fa uso di droghe pesanti è un malato, non è un criminale. Certo, chi fa uso di droghe pesanti compirà eventualmente degli atti criminali se viene lasciato solo senza la possibilità di curarsi, ma la causa primaria alla base delle tossicodipendenze è un problema di salute. Punto.

La paura di essere incarcerati o denunciati, e lo stigma associato al drogato in quanto criminale, fa sì che le persone con tossicodipendenze si marginalizzino, nascondano la loro malattia e spesso si riducano all’utilizzo di sostanze che aumentano notevolmente il rischio di morte da overdose. Lo stigma e la criminalizzazione limitano quindi la possibilità di queste persone di riconoscersi in quanto malati, e quindi di accettare aiuto per curarsi. Ecco perché l’atto di non criminalizzare una persona che fa uso di droghe pesanti può essere un primo passo coraggioso nell’affrontare veramente il problema delle droghe con l’obiettivo di salvare vite umane. Se si decide di non aiutare i malati di tossicodipendenze non facciamo altro che aiutare indirettamente le mafie (ma questo è un altro post).

La legalizzazione e l’utilizzo di droghe di qualsiasi genere hanno sempre provocato dibattiti molto accesi di natura politica, religiosa e socio-culturale, e questo decreto governativo canadese, seppur in fase sperimentale, non farà sicuramente eccezione. Ma nel dibattito, di qualunque genere esso sia e da qualunque prospettiva venga affrontato, spero si sia d’accordo nel distinguere un malato da un criminale: è un atto di responsabilità civile e umana che è d’obbligo per tutti noi. Negli ultimi anni abbiamo imparato bene a distinguere la fame di un bambino dall’atto criminale dello stesso bambino di rubare al mercato della frutta. Sono sicuro che riusciremo allo stesso modo a distinguere la malattia dal crimine; spero solo non passino decenni.

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