Non so se sono solo tra i politici italiani che sta prendendo sul serio gli allarmi che l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (Ipbes) dedica alla politica di tutto il mondo e se il M5S è l’unica forza consapevole di quanto la crisi di biodiversità sia vicina ad un punto di non ritorno, rendendo le azioni di sostenibilità attuali insufficienti per la crisi ambientale in corso. Abbiamo solo questa legislatura e la prossima per evitare la più grande catastrofe che la storia umana potrà vivere.

Servono radicali cambiamenti trasformativi e paradigmatici per salvarci dall’estinzione delle specie viventi, che avviene a ritmi che il nostro mondo non ha mai conosciuto e le cui conseguenze catastrofiche o i punti di non ritorno stanno probabilmente già mostrando i loro effetti con pandemie e conflitti globali.

I tipping points del sistema climatico rappresentano le soglie che, se superate, portano a una deriva imprevedibile, con gravi ripercussioni per l’intera società umana. Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) ha iniziato a considerare la possibilità di punti di svolta 20 anni fa, chiarendo come il superamento dei limiti inneschino eventi catastrofici a cascata. Sta già accadendo con l’assottigliamento del permafrost, terreno ghiacciato formato da terra e materiale organico, che imprigiona una quantità di CO2 che è il doppio di quella attualmente in atmosfera. (1)

Negli ultimi 100 milioni di anni le temperature globali hanno raggiunto il picco 2 volte: durante il Cretaceo, 92 milioni di anni fa, con livelli di CO2 con circa 1000 ppm (oggi abbiamo raggiunto picchi di 419 ppm in atmosfera) e con una temperatura così alta che rettili e foreste abitavano i poli, come accadde per palme e coccodrilli 56 milioni di anni fa con temperature tra i 5 e gli 8 °C, con siccità e zone desertiche in tutto il resto del mondo.

In un mondo sviluppato come il nostro immaginate cosa possa accadere con il collasso della foresta pluviale amazzonica. Evento che potrebbe avvenire anche entro 50 anni, con un innesco di tipping points potenzialmente già attivato, considerando che nel 2010 la foresta amazzonica ha rilasciato un quantitativo di CO2 più alto di quello assorbito, in base alle evidenze di uno studio. (2)

Se il clima finisce in uno stato in cui i punti critici iniziano a precipitare, centinaia di milioni di persone saranno sfollate a causa dell’innalzamento del livello del mare, delle tempeste costiere annuali, della carenza di cibo e acqua, di siccità, inondazioni, con un progressivo diffondersi di infezioni e malattie legate a calore o condizioni di vita malsane e tutto questo mentre i nostri figli e nipoti sono ancora vivi.

Un’apocalisse con l’innesco dei punti di non ritorno che l’IPCC dichiara quasi certa, con temperature superiori a soli 2 gradi C rispetto al riscaldamento globale. Con la cascata di tipping points la temperatura climatica sale di altre 4–5 ° C e ciò significa che tutta la fascia intorno all’equatore sarà invivibile, i livelli del mare saliranno di 60 metri e ci sarebbe spazio sulla terra solo per un miliardo di persone. (3)

Immaginate cosa significhi questo per tutti noi. Noi, che oggi siamo quasi 8 miliardi di abitanti su questo pianeta? È chiaro che parliamo di conflitti, di uomini ricchissimi e potenti capaci di annientare i più deboli per salvare sé stessi, di Stati che schiacceranno altri Stati, di guerre atomiche che forse metteranno la parola fine a tutto.

La drammaticità dei tipping points è la velocità con cui sono capaci di accelerare i cambiamenti ben oltre la nostra capacità di adattarci, la nostra resilienza, quella degli ecosistemi e ancor di più la nostra società umana, incapace di adattarsi a stravolgimenti di questa portata in tempi brevi (4).

Di fronte a tutto questo occorre un mutamento radicale nelle relazioni fra Stati, mercato, società e natura, con una necessaria innovazione nelle disposizioni che devono porre limiti alle attività devastatrici del modello economico produttivo e costruire al contempo un modello eco equo sociale che invece aumenti il benessere durevole degli individui, gruppi sociali ed ecosistemi.

Per questo ho trovato intollerante e inadeguata la risposta del Ministero dello Sviluppo Economico di Giancarlo Giorgetti della Lega, che si appella alle regole del commercio internazionale (WTO) sul tema della crisi climatica, in merito a una mia interpellanza urgente che reca la richiesta di costruire misure premianti per i consumatori che scelgono prodotti con etichetta Made Green in Italy a neutralità carbonica e ad impatto ambientale vicino allo zero.

Forse è colpevolmente sfuggito ai leghisti che persino la Banca Mondiale, oggi, nei sistemi di finanziamento che fa ai Paesi-Stato, utilizza dati e parametri molto precisi e vincolanti sull’impatto ambientale. È evidente che bisogna decidere se ascoltare le urla del pianeta e delle devastazioni ambientali, se ascoltare gli appelli e gli impegni presi nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, se leggere ed applicare i report dell’Ipbes e dell’Ipcc che ci dicono di stravolgere il sistema economico e sociale per salvare i quasi 8 miliardi di cittadini terrestri o ascoltare sempre e solo i poteri e le persone che ci hanno condotto con il loro modello in questa crisi.

(1) All About Frozen Ground, 20 luglio 2021 in Wayback Machine, National Snow and Ice Data Center
(2) 14 luglio 2021 in Wayback Machine, National Geographic, 12 marzo 2021
(3) 3 ottobre 2019 in Wayback Machine, PhysOrg, 6 agosto 2018
Brovkin, Victor; Ruscello, Edoardo;
(4) Williams, John W.; Bathiany, Sebastiano; et al. (29 luglio 2021), “Cambiamenti improvvisi passati, punti di non ritorno e impatti a cascata nel sistema Terra”, Geoscienze della natura.

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