Come con Oprah alla fine è successo: Ellen DeGeneres ha terminato il suo talk show tra una generale aria di commozione. D’altronde, come biasimare lei e il pubblico? Si tratta pur sempre di uno show che ha fatto compagnia alle famiglie d’America (e non solo) per ben 19 anni, dal 2003. Una vita. Ci sono milioni di persone nate senza sapere com’è un mondo senza The Ellen DeGeneres Show, nonostante negli ultimi anni la sua popolarità fosse un po’ altalenante a causa di ex-dipendenti che l’avevano accusata di condonare nello show un ambiente lavorativo tossico e di bullismo.

Non è della chiusura dello show in sé che voglio parlare, però, bensì del perché sia uno show di importanza storica.

Saltiamo sulla macchina del tempo e torniamo ai gloriosi anni ’90. Una giovane Ellen DeGeneres è protagonista di una serie TV comica chiamata appunto Ellen che ebbe successo anche per il suo stile simile al molto popolare Seinfield. Poi nel 1998, nella sua quarta stagione, Ellen fece coming out sia nella vita che nello show. Fu uno “scandalo” all’epoca e la popolarità dello show schizzò alle stelle, portandosi però dietro anche una scia di critiche. Prima di tutto i soliti bigotti si lamentarono del fatto che Ellen fosse gay in genere tanto che il “parental advisory” fu messo all’inizio di ogni episodio seguente. Lo show iniziò a trattare poi tematiche LGBT come il coming out stesso e quello mandò in fusione nucleare ancora più cervelli, inclusi paradossalmente quelli di alcune celebrità LGBT come Chaz Bono che si lamentarono per l’eccessiva presenza di tematiche serie e della comunità. Un altro esempio perfetto di come spesso soffriamo di Sindrome di Stoccolma verso una società che ci priva metodicamente di rappresentazione (e diritti). La conseguenza di tutto questo fu che lo show venne cancellato alla stagione successiva e la carriera di Ellen venne rasa al suolo, tanto che da personaggio televisivo di successo Ellen scomparve completamente dalla tv fino al 2001, quando tentò un’altra sitcom che fu cancellata dopo solo 13 episodi. Solo nel 2003 Ellen riuscì a reinventarsi con successo come conduttrice del suo talk show, in gran parte grazie ad una combinazione di ospiti incredibili, segmenti comici e spesso una serie di regali al pubblico in sala.

Il resto dello show nei suoi 19 anni è storia, ma troppo spesso la gente si dimentica di quei 5 anni di vuoto nella carriera di Ellen a causa principalmente del suo coming out. Soffermiamoci per un attimo a contemplare la crudeltà dietro all’annientamento professionale di una persona a causa del suo essere gay e del valore che la rivalsa di Ellen ha avuto per la comunità LGBT. Lei è stata l’esempio di una persona che nonostante tutto è riuscita a sfondare quel muro dietro il quale la società relega i diversi e a diventare una delle persone più famose d’America. Però dobbiamo considerare come lei ci sia riuscita partendo da una posizione molto privilegiata: aveva notorietà, era bianca, aveva contatti che poi le hanno permesso di avere gli ospiti che ha avuto nel suo talk show (il che le ha permesso di venderlo). Eppure se un collasso professionale è successo a qualcuno come Ellen con tutti i suoi privilegi, possiamo solo immaginare a quanti anonimi sia successa la stessa cosa, anonimi che non hanno avuto la possibilità di avere la propria rivalsa.

“Ma Margherita, erano gli anni ’90! 25 anni fa! Il mondo è cambiato!” vi sento già dire. Eppure in Italia ancora non abbiamo una protezione contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Eppure innumerevoli persone non si sentono ancora a proprio agio a parlare a lavoro della propria vita privata perché hanno paura che ciò vorrebbe dire la fine della loro carriera. Vi immaginate il peso di spendere 8 ore al giorno, 5 giorni su 7, facendo finta di essere qualcun altro per non venire licenziati con una qualsiasi scusa? Forse no, ma per le persone LGBT+ questo è un peso reale che spesso non possiamo mai toglierci dal groppone nemmeno in famiglia (spero non vi siate già scordati del ragazzo picchiato dallo zio a Cosenza una decina di giorni fa).

Questo è ciò su cui mi vorrei soffermare in occasione della chiusura del The Ellen DeGeneres Show. Quello che è successo a Ellen 25 anni fa succede ancora oggi a troppe persone che non hanno la stessa fortuna o gli stessi privilegi. Se lei fosse stata una persona normale non avremmo mai avuto 19 anni di uno degli show più popolari del mondo. Pensate a quanto talento viene giornalmente sprecato per via della discriminazione. Pensate a quante cose di cui potremmo tutti godere non vedono mai la luce perché la società toglie la possibilità a una grossa porzione di individui di esprimere le proprie capacità e di farsi valere professionalmente.

La prossima volta che pensate di discriminare in qualsiasi maniera qualcuno perché diverso (fosse anche solo sedersi più in là sul bus), pensate che invece quell’individuo potrebbe essere la nuova Ellen, il nuovo Picasso, l’ingegnere che inventa un sistema per avere energia rinnovabile, lo/a scienziato/a che cura il cancro. La discriminazione non danneggia solo chi è discriminato, danneggia e impoverisce tutti senza eccezione. La discriminazione è sempre uno spreco e se non riuscite ad amare il prossimo vostro per capacità morale fatelo almeno per egoismo.

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