Nel 2006 Clint Eastwood firmava due film che raccontavano la stessa storica battaglia in una piccola isola giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Flags of our Fathers mostrava il punto di vista degli americani. Lettere da Iwo Jima capovolgeva la prospettiva dalla parte dei giapponesi. Nel 2003 Marco Bellocchio restava immeritatamente a bocca asciutta al Festival di Cannes con il suo Buongiorno, notte. Roberto Herlitzka interpretava Aldo Moro nei drammatici 55 giorni del suo sequestro. Intorno a lui si sviluppava un film intimista che puntava tutto sul rapporto tra prigioniero e carcerieri.

2022. Esterno Notte in Selezione Ufficiale a Cannes 75 capovolge, anzi rivoluziona tanto i punti di vista narrativi quanto la forma con la quale si presenta. Ben 5 ore e mezza di durata, suddivise in 6 episodi. I primi 3 costituiscono la prima parte al cinema dal 18 maggio, stesso giorno della presentazione sulla Croisette, mentre il 9 giugno sarà in sala la seconda parte, composta dai restanti 3 episodi. In autunno invece la visione verrà portata su Rai Uno, che lo proporrà come serie tv, ovviamente negli stessi 6 episodi da 55 minuti l’uno. In 3 serate? Chissà.

Nella sostanza la coscienza dell’artista Bellocchio torna a ribollire sugli anni di piombo. Ora è l’esterno, il covo Italia e istituzioni che interessa al regista di Bobbio. Quindi nella prima parte, Francesco Cossiga, allora Ministro dell’Interno, è di fatto co-protagonista insieme a Fabrizio Gifuni, che costruisce un Aldo Moro magistrale. Mentre Herlitzka basava l’interpretazione rimodulandola intorno all’espressione degli occhi di Moro, Gifuni, senza il prostetico di Favino per Il traditore, compie un lavoro d’immedesimazione espressiva e posturale minuzioso su tutto il corpo del politico assassinato dalle Brigate Rosse.

Quella che arriva è la pietà di e per un uomo sacrificato e sempre presente a sé stesso, l’unico che pacificamente stava compiendo l’impossibile: avvicinare al governo Andreotti il PC di Berlinguer. Cossiga ha il volto e l’espressione compassata ma scossa nel profondo di Fausto Russo Alesi, già presente in altri lavori di Bellocchio.

Cossiga ascolta le vite degli altri italiani nella fitta operazione di intercettazioni telefoniche a caccia di covo e brigadisti. Incarna uno dei sussulti drammatici di uno Stato non pronto, impaurito e insicuro sulla sua continuità costituzionale garantita allora dalla Democrazia Cristiana. Il senso di colpa del futuro Presidente della Repubblica si rifletterà in quello di Papa Paolo VI nella seconda parte, un Toni Servillo che con beata inquietudine mescola spiritualità di fede e amicizia verso la famiglia Moro insieme alla materialità del riscatto e alla carnalità dell’autopunizione.

Si affonda con sconcerto in questa ricostruzione febbrile tra confessionali come crocevia di brigadisti e politici. Tra immagini dai colori saturi spiccano dai palazzi del potere tricolori brillanti sotto cieli plumbei. Abbondano cura nei dettagli e appeal come nella propulsività di alcuni personaggi. Propulsività emozionale per il capo della Digos di Roma Domenico Spinella, impersonato da Pier Giorgio Bellocchio (quasi un’incarnazione della coscienza del regista), messo da parte insieme alle sue buone intuizioni investigative. Propulsività narrativa invece da Monsignor Cesare Curioni, cappellano capo di San Vittore, qui addetto ad una sotterranea trattativa vaticana per il rilascio e interpretato ottimamente da Paolo Pierobon.

Tante le spinte e gli snodi narrativi (e i sogni con finali alternativi come in Buongiorno, notte), anche intorno agli stessi terroristi dipinti nella seconda parte come anime più sole e smarrite che focalizzate su una reale rivoluzione popolare.

A sorpresa spicca su tutti Margherita Buy con la sua Eleonora Moro. Sue le redini della protagonista nel finale, dove le istituzioni vacillano la signora Nora mantiene saldi i principi del marito, della sua famiglia e della DC che avrebbe potuto essere ma che non è mai stata. La sua interpretazione dona ulteriore luce al film/serie. Sogniamo per lei la Palma d’Oro.

Maestro di cinema e di novità, a 82 anni Marco Bellocchio realizza ciò che Il traditore sembrava già accarezzare inconsapevolmente: un prodotto potente e generoso in minutaggio e intrecci narrativi, ibrido tra film e serie tv, utilizzando un linguaggio cinematografico di altissima caratura, seppur con alcune imprecisioni su alcune scene forse girate senza troppo respiro in una produzione altrettanto ibrida. Croce e delizia di sé stesso, della critica per ora, e speriamo del pubblico, Esterno Notte è una grande e preziosa sperimentazione cinematografica nella forma. E in sostanza riporta d’attualità certe spaccature e controversie del paese che permangono, pur con facce, fatti e partiti diversi, con le medesime dinamiche da decenni.

Ha esordito in 300 sale italiane, con 55mila euro incassati nei primi due giorni. Speriamo sia solo un inizio infrasettimanale, del resto c’è ancora il weekend. E se vincesse qualcosa a Cannes gli incassi migliorerebbero ulteriormente.

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