Nell’arco di un decennio l’Unione europea ha compiuto indiscutibilmente dei passi in avanti, non solo strategici ma anche politici, come dimostra il Recovery Fund battezzato per la crisi pandemica, che sarebbe stato fumo negli occhi per integralisti del calibro dell’ex ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble.

Nel 2012, quando la crisi economica mordeva cuori e braccia dei cittadini greci, con il duro capital control e sacche di povertà che si ingrossavano a vista d’occhio, sostanzialmente Bruxelles e l’intero occidente decisero di “punire” in maniera esemplare la Grecia iper indebitata con gli istituti tedeschi e francesi. Oggi, giustamente, Usa e Ue inviano armi, mezzi e sostegni a Kiev: nessuna vis polemica, intendiamoci, solo cronaca di fatti e decisioni che meritano una riflessione analitica e non ideologica.

Sui padri della crisi finanziaria nell’Egeo, anche da queste colonne, ho raccontato molto negli ultimi 10 anni e in un libro (“Greco-eroe d’Europa” Albeggi ed.): chi ha contratto debiti che non poteva ripagare ha avuto certamente una buona fetta di responsabilità, al pari di chi non ha controllato la solvibilità di quel cliente che è stato fatto entrare nell’Ue pur non avendo i conti in ordine. Numerosi dati pubblici sostengono queste mie affermazioni. Poi è scoppiata la bolla bancaria, con i titoli tossici che le banche tedesche e francesi avevano in pancia, passando per vari e gravissimi episodi di corruzione, come lo scandalo Siemens, i sommergibili con timone rotto acquistati dalla Germania, il processo Ote per le Olimpiadi del 2004 costate quattro volte in più di quelle di Londra. Fatti che sembrano accaduti decenni fa, mentre invece sono trascorsi solo due lustri.

Così fu deciso, grazie alla ferrea volontà degli integralisti del rigore, di isolare la Grecia, applicarle un cordone sanitario di tipo socio-finanziario con i bancomat che davano pochi spiccioli per via del capital control, con i lavoratori che venivano licenziati via mail, con i pensionati ridotti sul lastrico, con l’iva schizzata alle stelle (ancora oggi è al 24%), con le isole svendute al primo oligarca di passaggio (come Skorpios, l’atollo di Onassis), con il porto del Pireo privatizzato da Cosco China per 99 anni e gli aeroporti di 14 isole ceduti ad un player tedesco ad un prezzo molto vantaggioso, perché bisognava incassare subito denari freschi. Nel mezzo i suicidi da crisi, di cui poco si è scritto e di cui poco ci si è indignati: quello più significativo riguardò un farmacista che, oberato di debiti che lo Stato non aveva con lui più onorato, decise di spararsi un colpo di fucile nel bel mezzo di Piazza Syntagma ad Atene.

Nell’ultimo biennio la Grecia è riuscita, tra mille difficoltà e centinaia di giovani emigranti che hanno dovuto abbandonare il proprio paese, a risollevarsi, guadagnandosi tra le altre cose lo status di gas-hub del Mediterraneo e stringendo nuovi accordi con Stati Uniti alla voce geopolitica e Francia alla voce difesa, che comprendono i temibili e costosi caccia Rafale: ben 18 acquistati per difendersi dalle rivendicazioni assurde della Turchia in “stile Donbass”, di cui altrettanto poco si discute.

Oggi giustamente si sostiene l’Ucraina ed è un dovere mondiale farlo, ma va ricordato a titolo di cronaca e per onestà intellettuale che ieri Atene è stata lasciata sola e strozzata sull’altare di un certo egoismo dei paesi frugali: la dottrina Schaeuble-Merkel che non permetteva il mutuo soccorso. Si prenda atto che l’Ue di ieri per fortuna non c’è più.

@FDepalo

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