Più la difesa ucraina ricaccia indietro le colonne russe dai sobborghi di Kharkiv, più la recrudescenza dei bombardamenti si fa pesante. Dalla serata di ieri, 26 aprile, il distretto di Moscovskyi è sigillato dall’esercito locale dopo che i russi hanno lanciato granate e colpi di mortaio nella zona residenziale, per fortuna abitata da pochi civili. Il bilancio, secondo l’ufficio del procuratore locale e fonti militari regionali, è di tre morti, tra cui due donne, e quattro feriti. I boati degli scontri sono andati avanti a lungo nella serata di ieri e sono ripresi anche oggi con colpi di artiglieria su abitazioni civili e auto in sosta. Ormai metà della grande città orientale dell’Ucraina è praticamente vuota.

Enormi quartieri dormitorio come Slativka che ilfattoquotidiano.it ha raccontato ieri in un reportage – sono completamente avvolti nel silenzio, rotto solo dalle bombe e dalle sirene. Come già ricordato, alcune centinaia di migliaia di cittadini di Kharkiv sono scappati, chi in alloggi di fortuna, chi nelle città dell’ovest del Paese o all’estero. È il caso di Oleg, co-titolare di una società che creava capi di abbigliamento di alta moda: “Sono solo qui a Kharkiv, la mia famiglia, le mie sorelle sono in giro per l’Europa. E poi ci sono mia moglie e i miei due figli che dal terzo giorno di guerra, dal 28 febbraio, vivono in Repubblica Ceca. Mi mancano molto e non so quando li rivedrò”.

Uno degli obiettivi non dichiarati dal Cremlino – si racconta in questa area – è quello di procedere a una “sostituzione su base nazionale” delle città occupate. In questo senso circola una notizia diffusa dalle autorità locali: nei territori dell’oblast di Kharkiv, così come in tutti quelli occupati dall’armata russa a Est e a Sud dell’Ucraina, sarebbero in corso “rapimenti di civili da parte dell’esercito“. Si parla di “filtraggio” della popolazione in attesa dei preparativi per la grande parata del 9 maggio.

Quello che è certo e reale riguarda il grado di distruzione della città russofona per storia e tradizione. Oltre ai quartieri della cintura Est e Sud di Kharkiv e i villaggi appena fuori dal territorio municipale, l’accanimento dell’esercito russo non ha risparmiato il centro storico. Sono stati colpiti, distrutti e danneggiati centinaia di edifici di pregio. I primi attacchi si sono registrati tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. In particolare il primo giorno del mese quando gli aerei russi hanno sganciato sul centro di Kharkiv decine di missili. Tre, in particolare, hanno colpito la sede dell’amministrazione dell’oblast, della Regione, dove avevano sede il governatore e il sindaco della città. Usiamo il passato perché l’edificio è stato smembrato e ci vorrà tempo prima che torni al suo splendore. A ricordare quei momenti ci viene in aiuto un ufficiale dell’esercito a capo dell’unità che occupa una palazzina della zona: “Non potrò mai dimenticare quella mattina, erano le 8,07 quando il primo missile ha colpito l’edificio e a seguire, nel giro di pochi secondi ne sono arrivati altri due lì e una mezza dozzina addosso ad altri palazzi della zona. Sono stati colpiti musei, sedi di importanti compagnie, ma anche farmacie, banche e anche abitazioni civili. È stato un massacro, il bilancio ufficiale è stato di 28 vittime”.

Nella grande piazza antistante la sede regionale fa bella mostra di sé un enorme missile russo che si è conficcato nel terreno senza esplodere. Tutto attorno, nello splendido centro storico di Kharkiv, è un calvario continuo, tra la distruzione e i crateri provocati dai missili. Nessuno ha ancora messo mano a questo scempio. Sarebbe inutile visto che i combattimenti sono in corso a pochi chilometri da qui e non accennano a diminuire. Nelle altre città sotto assedio per settimane e poi liberate dall’esercito ucraino, da Kiev a Chernihiv passando per Sumy, Zytomyr e le decine di cittadine e villaggi non più sotto la minaccia dei bombardamenti, la quotidianità sta lentamente tornando. Il flusso di rientro dei profughi e degli sfollati lo testimonia. A Kharkiv questo non è ancora possibile, a Kharkiv nessuno torna indietro.

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