Saltivka è un popoloso quartiere alla periferia nord-est di Kharkiv ed è perennemente sotto la minaccia dell’artiglieria russa. Nel corso delle ultime settimane sono stati colpiti obiettivi civili, decine di palazzi nell’area residenziale che da sola fa una piccola città nel cuore del secondo centro più popoloso dell’Ucraina, con oltre 700mila abitanti. Oggi i bombardamenti sulla città e la risposta ucraina sono stati intensi e gli effetti devastanti. Palazzi inceneriti, altri smembrati, auto colpite in mezzo alla strada, missili inesplosi nei cortili, di fianco ai giochi dei bambini, facciate dei palazzi e infissi crivellati dai colpi dei mortai e delle armi a media gittata. A un enorme caseggiato del Micro Distretto 524 manca quasi totalmente la facciata, esplosa, i detriti riversati a terra. Dall’esterno si possono notare gli elettrodomestici, i mobili e le suppellettili delle famiglie che lì abitavano. La forza devastante dei missili ha scoperchiato la terra e cancellato le vite di migliaia di abitanti già scappati e che forse non torneranno più lì. Ora nel raggio di svariati chilometri quadrati non c’è più anima viva.

La battaglia si è spostata a meno di 7-8 chilometri dalle zone dove è consentito l’accesso ai giornalisti. Uno scontro durissimo e costante per tutto il giorno, con momenti di vero terrore per la vicinanza degli scambi di artiglieria. Nel pomeriggio gli scontri sono arrivati fino ai margini del distretto Slobidskyi, prima periferia di Kharkiv. Una serie di boati ha riportato tutti alla massima attenzione, anche se a Kharkiv la sirena antiaereo non suona più: dopo più di due mesi sotto attacco, l’effetto dell’allarme è praticamente nullo.

Nel corso della giornata sono state registrate alcune vittime, ma non a Saltivka, dove i residenti sono scappati dopo i missili piovuti dal cielo, quanto in alcuni piccoli centri della cintura di Kharkiv. L’altro ieri le autorità militari locali – a partire da Oleg Synyehubov, capo militare regionale – avevano annunciato la liberazione di alcuni villaggi a nord della città, Dergachi, Bezruki, Slatins e Prudyanka, eppure sia ieri che oggi si è continuato a combattere nell’area a 20-30 chilometri dal centro di Kharkiv. Tre le vittime civili accertate a Bezruky e un ferito grave a Derghaci.

Verso oriente l’armata russa sta ancora avendo la meglio. A Vovchansk si parla già di deportazioni dei civili e dei primi abusi sulla popolazione che, al contrario di quanto pensava l’esercito invasore, non gli ha gettato le braccia al collo. Tutta la fascia che scende fino alla provincia autonoma di Luhansk, attraverso Izyum e Kramatorsk, accarezzando il confine russo, è sotto il controllo di Mosca.

Dal 25 febbraio Kharkiv è sotto attacco e dopo un rallentamento delle operazioni militari a cavallo tra marzo e aprile, ora i combattimenti sono tornati a un passo dalle case. A parte Mariupol, Mykolayv e alcuni centri del Donbass, la città più russofona dell’Ucraina è tra le più flagellate. Il fatto che sul territorio sia scoppiata la primavera, ieri il termometro è salito fino a 23°, non depone a favore di un rallentamento della battaglia. Col cielo libero e senza pioggia, la campagna militare potrebbe ulteriormente inasprirsi. Nei primi due mesi della cosiddetta ‘Operazione militare speciale’ annunciata da Putin la popolazione di Kharkiv si è dimezzata e a differenza di altre città a occidente ancora nessuno sta tornando sui propri passi. La città è semi-deserta, anche se in alcune aree qualche attività commerciale è rimasta sempre aperta. A differenza di Kiev, le unghiate degli armamenti russi sono arrivate fino al cuore della città.

La mattinata era cominciata con la coda di cittadini davanti a uno dei negozi che fino al 24 febbraio scorso dava vita a uno dei più grandi mercati d’Europa, il Barabashovo: 75 ettari di terreno pieno di attività commerciali. Oggi, nella migliore delle ipotesi, restano solo porte chiuse e serrande abbassate. Perché qui il 17 marzo scorso c’è stato il finimondo: “Gli aerei russi hanno iniziato a bombardare durante le prime ore del mattino e sono andati avanti per un po’. È scoppiato un incendio che ha distrutto una parte del mercato. Quando io, come altri gestori di attività siamo arrivati c’era una colonna di fumo nero altissima. Abbiamo cercato di salvare il possibile, senza pensare al fatto che i russi avrebbero potuto effettuare un secondo passaggio. Porto ancora addosso i segni lasciati dal fumo e dal calore”. Iryna gestiva 8 negozi all’interno dell’enorme area mercatale e ora il suo orizzonte di vita è piuttosto complesso. Mentre parla davanti al negozio scoppia a piangere: “Da 62 giorni dormo in media 2-3 ore al giorno, a volte non riesco a chiudere occhio. Sto male, ho paura dei bombardamenti e non ho più un’attività. Kharkiv è distrutta e la guerra è dentro la città, non ne usciamo più. Sono disperata”. Parte della sua disperazione l’ha trasformata in altruismo: “Dai primissimi giorni del conflitto ho attivato dentro questo mio punto vendita una raccolta di aiuti per la popolazione. Vede che fila che c’è, è sempre così, distribuiamo circa 150 pacchi alimentari al giorno. In più vestiti e scarpe, la mia specializzazione commerciale, tanto ormai quella merce sarebbe stata da buttare, meglio far sorridere qualcuno”.

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