Nel grande rumore della guerra in corso, un fatterello significativo è passato quasi inosservato: il parlamento del Messico ha approvato la nazionalizzazione delle risorse di litio minerale. La faccenda va vista in prospettiva: al momento il Messico produce pochissimo litio, quindi il provvedimento riguarda solo riserve ancora da sfruttare e non ha effetti sull’offerta globale di litio. Ma tutto quello che succede con il mercato del litio ha un impatto importante sul sistema energetico mondiale.

C’è chi ha indicato la disponibilità di litio come un possibile “collo di bottiglia” nello sviluppo di un nuovo sistema energetico basato sulle rinnovabili. Certamente ci sono alternative al litio, ma al momento è essenziale per le batterie dei veicoli elettrici, come pure per la nuova generazione di sistemi di stoccaggio. Allora, dobbiamo preoccuparci dell’esaurimento del litio?

In linea di principio, no, perlomeno se non insistiamo a voler far crescere l’economia per sempre a tutti i costi. Il litio è un elemento abbondante nella crosta terrestre, lo si può riciclare facilmente, e se sarà possibile sviluppare metodi per estrarlo dall’acqua di mare non avremo mai problemi di disponibilità. Per quanto riguarda le batterie dell’ultima generazione, semmai c’è un problema di disponibilità di cobalto. Ma il cobalto si può sostituire con il ferro, che è abbondante e a basso costo.

Questo in teoria. Nella pratica, come sempre, le cose sono diverse e la nazionalizzazione delle riserve di litio messicane ci dice che qualche problemuccio ci potrebbe essere. Anzi, c’è di sicuro perché nel 2021 i prezzi del litio sono quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente. Ma i prezzi di tutte le risorse minerarie sono aumentati, il litio non è un’eccezione. Cosa sta succedendo?

Ovviamente, le risorse minerali non sono infinite ma, per il momento, in principio non c’è carenza di nessun minerale in termini assoluti. Il problema, più che altro, è politico. In un mondo globalizzato, la gestione delle risorse minerali è governata dai prezzi. Chi ha bisogno di petrolio, per esempio, lo può comprare più o meno dove vuole, scegliendo chi gli fa l’offerta migliore.

Ma, come avrete notato, la globalizzazione sta scricchiolando in modo preoccupante: rischia seriamente di andare a pezzi in breve tempo sotto l’effetto delle varie sanzioni, restrizioni, embarghi, nazionalizzazioni, eccetera. Il mercato delle materie prime sta diventando rapidamente una faccenda gestita dai governi nazionali su basi strategiche: chi ce le ha se le tiene, o le dà ai propri alleati. La nazionalizzazione del litio del Messico è solo un tassello in un grande puzzle che si sta espandendo.

La situazione si sta facendo particolarmente difficile per l’Europa che si era costruita la sua prosperità nei secoli sfruttando risorse minerali che oggi non ci sono più. Rimane ben poco del carbone che aveva costruito l’impero britannico globale. E le riserve di petrolio del Mare del Nord, una volta abbondanti, oggi sono in declino terminale. Ormai da decenni l’economia europea, e in particolare quella italiana, si basa sull’importazione delle materie prime. Funzionava in un mondo globalizzato, ma adesso l’Italia rischia seriamente di finire schiacciata nella competizione fra i blocchi. Senza materie prime a buon mercato, l’ “Azienda Italia” chiude e gli operai (noi) rimangono senza stipendio.

E allora? Non ci resta che stringere i denti e lavorare verso l’indipendenza energetica. Questo non vuol dire semplicemente cambiare fornitori, come sembra pensare il governo. Vuol dire muoversi gradualmente, ma con decisione, verso l’energia rinnovabile, l’unica che ci rende veramente indipendenti dai ricatti dei paesi esportatori. Non ci manca il sole, e non ci mancherà nemmeno il litio se ce lo gestiremo in modo efficiente. Soprattutto, vuol dire anche promuovere la pace. Le guerre, a parte i disastri umani che provocano, sono sempre enormemente costose. Nelle condizioni in cui siamo, non ce le possiamo permettere. Non se le può permettere nessuno.

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