di Luigi Manfra*

Secondo i dati di Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, la produzione lorda di energia elettrica nel 2021 ha raggiunto i 318 miliardi di kWh. Le fonti rinnovabili hanno coperto il 36% del totale, grazie alle favorevoli condizioni climatiche. L’aumento del 2,4% rispetto al 2020, anno di profonda recessione economica causata dalla pandemia, se inserito in un arco di tempo più ampio, dal 2014 ad oggi, evidenzia come la produzione di energia elettrica, sia da fonti fossili che da fonti rinnovabili, è rimasta sostanzialmente immutata, tranne modeste oscillazioni come la tabella seguente mette in evidenza.

Anche la costruzione di nuovi impianti di fonti rinnovabili, al pari della produzione, ha segnato il passo. Dopo il picco dei primi anni dello scorso decennio dovuto ai rilevanti contributi pubblici ricevuti dalle aziende del settore, la crescita è stata modesta. L’incremento annuale medio registrato nel triennio 2010‐2013, pari a 5.900 MW, se fosse stato mantenuto anche negli anni seguenti avrebbe potuto ridurre i consumi annui di gas di 20 miliardi di metri cubi, riducendo le importazioni dalla Russia del 70%.

Per recuperare il tempo perduto, il piano nazionale per l’energia prevede una forte crescita del contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di energia elettrica, che sarà difficile realizzare se non mutano le regole che fino ad oggi hanno governato il settore. Come si evince dalla tabella seguente, l’incremento previsto è molto rilevante: al 2030 la potenza impiantata dovrebbe quasi raddoppiare.

Tutt’oggi, l’iter per l’autorizzazione di nuovi impianti è lungo e complesso e prevede il parere positivo sia delle istituzioni centrali (il Ministero dei beni culturali) sia di quelle locali (Regioni e Sovraintendenze). Il governo Draghi vuole velocizzare le procedure per ampliare la produzione delle rinnovabili recuperando i ritardi accumulati negli ultimi anni. Con il recente decreto legge 17/2022 si introducono misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia elettrica e del gas naturale e, soprattutto, per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Il decreto prevede una accelerazione di queste ultime, in particolare per il fotovoltaico, con un una semplificazione dei permessi per l’installazione sui tetti di edifici pubblici e privati e in aree agricole e industriali.

Lo sviluppo di fonti rinnovabili – come ha sostenuto l’associazione industriale del settore, Elettricità Futura – potrebbe portare alla realizzazione di 20 GW all’anno sostituendo cinque miliardi di metri cubi di gas, più del doppio dei due miliardi aggiuntivi previsti della produzione nazionale. Per raggiungere questo obiettivo è urgente lo sblocco immediato delle autorizzazioni, ferme da anni a causa delle interminabili procedure amministrative. Entro giugno 2022, sostiene Elettricità Futura, occorre autorizzare 60 GW di rinnovabili, pari ad un terzo delle domande di allaccio per i nuovi impianti già presentate a Terna.

L’enorme aumento del prezzo delle fonti fossili ha avvantaggiato non soltanto gli impianti tradizionali, ma anche chi produce elettricità con energie rinnovabili. Questi produttori, infatti, fruiscono dell’incremento del prezzo di mercato, che è uguale per tutti, ma non sostengono gli stessi costi delle fonti fossili. L’energia rinnovabile costa meno di quella tradizionale perché i costi variabili, come il gas, il petrolio o il carbone, sono sostituiti dal sole o dal vento liberamente disponibili. Il risultato di questa situazione è un raddoppio dei profitti. Nel 2019 il margine complessivo delle fonti di energia rinnovabile è stato pari a 6,11 miliardi per passare nel 2021 a 14 miliardi, con un incremento del 129%. Questa considerevole crescita è un effetto diretto del metodo con cui viene stabilito il prezzo dell’energia elettrica, cioè del marginal price. I prezzi del mercato elettrico sono legati a quelli del gas e, quindi, al crescere di questi ultimi cresce anche quello dell’elettricità.

I profitti crescenti dei produttori delle rinnovabili non hanno dato luogo alla costruzione di nuovi impianti. A questo fine andrebbero assunte misure per indurre ad aumentare gli investimenti per adeguare l’offerta di energia alla domanda e consentire il ritorno dei prezzi a livelli normali. È auspicabile che il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) preveda entro il 2035 una produzione di energia elettrica totalmente proveniente da fonti rinnovabili. Le aziende del settore hanno già stipulato con il Ministero dell’Economia e delle Finanze contratti a prezzo fisso per 20 anni a 65 €/MWh, molto meno del prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica di gennaio 2022 pari a 225 €/MWh.

* Già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di economia internazionale, soprattutto in relazione al Mediterraneo

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