Il numero delle vittime per Covid-19 a Shanghai sale a dieci. Dopo i primi tre morti resi noti ieri, 18 aprile, la megalopoli cinese ha riportato altri sette decessi legati alla variante Omicron. Le autorità locali hanno spiegato che si tratta di persone tra i 60 e 101 anni, tutte affette da malattie croniche. Ieri la città con 26 milioni di residenti ha registrato 3.084 casi e 17.332 asintomatici. Dati ufficiali a cui molti, soprattutto sui social media, non credono. Uno scetticismo motivato dal basso tasso di vaccinazione della popolazione anziana cinese: domenica, 17 aprile, i funzionari di Shanghai hanno riferito che meno dei due terzi dei residenti sopra i 60 anni aveva ricevuto due dosi anti-Covid e che meno del 40% aveva ricevuto un booster.

Le autorità hanno annunciato di voler raggiungere ‘zero casi‘ entro domani, arginando la diffusione dei contagi al di fuori dei centri di quarantena, che possono contenere fino a 140mila persone. Un obiettivo della strategia ‘zero covid’ perseguita da presidente Xi Jinping dall’inizio della pandemia, aspramente criticata da una parte della società civile. I numeri ufficiali si scontrano con le statistiche rivendicate da alcuni critici. Nella stessa fascia d’età della popolazione di Hong Kong il tasso di mortalità è più alto: da gennaio il territorio autonomo nel sud-est della Cina ha riportato quasi 9.000 morti per Omicron.

Per il governo della Repubblica Popolare, il giro di vite nella gestione dell’emergenza sanitaria è ritenuto necessario per evitare che salga ulteriormente il numero delle vittime. Il capo della Commissione sanitaria nazionale ha scritto in un articolo sui media statali che se la Cina dovesse allentare i controlli, un gran numero di persone con patologie pregresse, così come anziani e bambini, sarebbe a rischio con gravi conseguenze per lo sviluppo stabile di economia e società.

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