Mentre in Ucraina la guerra continua senza tregue, nel Mediterraneo orientale si lavora (forse) ad una pace sul gas. Dopo la nascita del forum permanente tra Israele, Bahrein, Emirati, Egitto, Marocco e Usa (Nagev) per “cambiare la narrativa di odio” che ha contraddistinto le relazioni tra i Paesi arabi e lo Stato ebraico, Israele prova a unire questi fili per risolvere la partita energetica. Lo ha detto martedì ad Atene il ministro degli esteri Gair Lapid, incontrando nel trilaterale i vertici dei governi di Cipro e Grecia. “La cooperazione energetica enfatizza il ruolo del mercato dell’energia, perché la guerra in Ucraina cerca di cambiare la struttura di questi mercati in Europa e Medio Oriente”, parole che si inseriscono nella più ampia e delicata partita dell’approvvigionamento di idrocarburi.

In un momento complicatissimo come quello attuale, dove geopolitica ed economia sono tragicamente connesse al fattore bellico, le strette relazioni tra Paesi in grado di lavorare insieme di fronte a sfide che richiedono iniziative economiche rappresentano un nuovo punto di partenza: questa la vulgata che Lapid ha consegnato ad Atene e Nicosia, con anche un velato ma evidente riferimento alla Turchia che pare abbia, momentaneamente, messo da parte le diatribe sull’Egeo, proprio per via della crisi in Ucraina. Potrebbe essere l’occasione per immaginare una nuova stagione nel Mediterraneo. Quando Lapid mette l’accento sul fatto che la visita ad Atene serve non solo a rafforzare ulteriormente l’impegno per le relazioni strette, ma anche a migliorare le relazioni di Israele con la Turchia, tocca il nervo centrale: “È una buona opportunità per approfondire i rapporti tra i due paesi e rafforzare la stabilità regionale” ha aggiunto. Parole a cui il premier ellenico Kyriakos Mitsotakis ha replicato dicendo che tutti i progetti di interconnessione nel Mediterraneo orientale, siano essi tramite gasdotti, Gnl o infrastrutture elettriche, “dovrebbero essere in gran parte sotto il nostro microscopio”.

Il secondo tempo di questa partita potrebbe essere, a questo punto, la ridefinizione geopolitica del gasdotto Eastmed, una lunghissima pipeline da Israele alle coste del Salento, che favorirebbe l’indipendenza energetica europea dal gas russo: fino ad oggi la contrarietà aggressiva della Turchia ne ha impedito la realizzazione, ma gli Usa ne stanno valutando analiticamente gli impatti. Meglio mettere da parte il nuovo gasdotto, con implicazioni gravi alla voce import di gas e Gnl americano, oppure cercare un accordo con Ankara e assicurare all’Europa la nuova infrastruttura? Nelle stesse ore in cui Lapid ha seminato questa nuova consapevolezza, la pipeline da 140 chilometri tra Grecia e Bulgaria registra l’avanzamento dei lavori al 90%: entro luglio la bretella del Tap sarà operativa per salire fin sul costone balcanico. Si tratta del progetto Igb collegato al sistema di trasporto del gas nazionale greco e al gasdotto transadriatico Tap a Komotini e, da lì, fino al sistema di trasporto del gas nazionale bulgaro a Stara Zagora. Un altro pezzetto di indipendenza energetica dell’Ue.

@FDepalo

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