Era l’ultimo week-end di febbraio quando a Kiev, in uno dei rari supermercati aperti nella zona di Maidan, la popolazione faceva scorta non solo di cibo ma anche di superalcolici. Da lì a pochi giorni la legge marziale in vigore in tutto il Paese obbligò negozianti e ristoratori a vietare la vendita di qualsiasi bevanda con un minimo di gradazione. Whisky, gin e vodka ma anche vino e persino la birra, per intenderci. Da allora è passato oltre un mese ed in mezzo c’è stato il più lungo “proibizionismo” che la storia ucraina ricordi: trenta giorni di astinenza, tranne per i più previdenti che avevano fatto massicci rifornimenti.

A Leopoli in questi giorni si poteva provare anche a supplicare una “bionda” sottobanco ma niente, l’inflessibilità (forse austroungarica) la faceva da padrona. Gli abitanti erano sicuramente più informati sui chioschi che chiudevano un occhio e così riuscivano comunque a procurarsi qualche bottiglia fresca (e proibita). Ma da inizio settimana il divieto è caduto. Hanno prevalso le proteste, sui social ma anche a livello politico, in un Paese poco incline all’astemia.

Il dibattito si è arroccato su due posizioni contrapposte. Da una parte i fautori della tolleranza zero: “Ci sono troppe armi in giro, anche molti civili girano con pistole e fucili e rischiare che qualcuno si ubriachi sarebbe deleterio. Ci saranno violazioni dell’ordine pubblico e un ulteriore aumento della criminalità”. Dall’altra invece ci sono i sostenitori della linea più morbida ma anche coloro che guardano all’aspetto psicologico: “Un bicchiere di vino può attutire la solitudine, la tristezza e il dramma che stiamo vivendo. Ci aiuterà a rilassarci e poi sappiamo benissimo che il mercato nero non è mai stato così florido”. Posizioni entrambe comprensibili, sfociate addirittura in una querelle politica fra il governatore di Leopoli, che qualche settimana fa aveva sospeso il provvedimento, e il sindaco della città che invece si era opposto alla revoca e aveva deciso di prolungare il divieto.

Ogni territorio, d’altronde, è più o meno libero di applicare la normativa e così, dopo un mese di stop generalizzato, nella Capitale Kiev la vendita è libera solamente dalle 11 alle 16, a Odessa esclusivamente al mattino, per bevande entro i 30 gradi di gradazione, con il divieto che permane per militari, guardia nazionale e forze armate e un inasprimento immediato delle restrizioni nel caso di problemi dovuti alle sbronze. Leopoli, forse perché più lontana dal fronte, è quella con le nuove leggi più soft e la possibilità di acquistare alcolici ininterrottamente dalle 10 alle 21. Vinnitsya ha liberalizzato soltanto vino e birra, a Nikolaev invece “proibizionismo” confermato dal lunedì al venerdì mentre durante i week-end si può ricominciare a dissetarsi. Dnipro, infine, ha posto il limite di due litri a persona. Un po’ come la benzina, che in alcune zone è ancora razionata.

Sul tema è intervenuto anche il vicesindaco di Kiev, Mykola Povoroznik, che ha espresso la sua perplessità di fronte alla liberalizzazione, per quanto parziale, della vendita di alcolici: “Stiamo monitorando la situazione. E’ una decisione discutibile e per questo stiamo verificando che non ci siano eccessi e che questa riapertura non abbia un impatto negativo. Se rappresenterà una minaccia per l’ordine pubblico, vieteremo nuovamente e immediatamente l’alcol in tutta la Capitale. In caso di provocazioni e di pericolo, la polizia, insieme alle nostre forze armate, agirà in modo adeguato per evitare minacce e situazioni di pericolo”.

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