Mercoledì sera il Rotary Club Crema ha invitato in città i figli del senatore Giulio Andreotti, Serena e Stefano, a presentare il libro I diari segreti che raccoglie gli appunti quotidiani del sette volte capo del governo e 34 volte ministro. Appena appresa la notizia, stranamente non pubblicata sul sito del Rotary e sulla loro pagina Facebook, mi son chiesto: perché invitare i figli di Andreotti e non i figli di Aldo Moro?

Ancora oggi c’è il tentativo di celebrare una figura come Andreotti. Son certo che i dirigenti del Rotary sanno che hanno invitato a Crema i figli di uno statista accusato di collusione con la mafia fino al 1980: di Andreotti è stato detto e scritto in sentenza che ha commesso il reato (prescritto ma sempre commesso rimane, per cui solo la prescrizione lo ha “salvato”).

I giudici scrivono: “L’imputato con la sua condotta ha, non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale e arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi”. E aggiungono: “L’imputato anche nei periodi in cui rivestiva le cariche di ministro e di presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, si adoperò a favore di Sindona, nei cui confronti l’autorità giudiziaria italiana aveva emesso sin dal 24 ottobre 1974 un ordine di cattura per il reato di bancarotta fraudolenta. Se gli interessi di Sindona non prevalsero, ciò dipese in larga misura dall’onestà e dal coraggio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, il quale fu ucciso su mandato di Sindona”.

Va ricordato – come cita La Repubblica il 27 marzo scorso in un articolo a firma Isaia Sales – che “Andreotti non venne condannato per associazione di stampo mafioso solo perché all’epoca dei fatti (prima del 1982, periodo in cui nella sentenza si forniscono le prove di accordi tra lui e i mafiosi) tale reato non era ancora previsto dal codice penale”.

Come scrivono Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte nel loro ultimo libro, La giustizia conviene (Piemme): “Il processo Andreotti ha costituito il paradigma dell’intreccio tra Cosa Nostra e i rappresentanti delle istituzioni a tutti i livelli, nonché la dimostrazione dell’esistenza di quel poli partito della mafia di cui parlava il generale dalla Chiesa”. E aggiungono i due magistrati: “Negare o distorcere la verità su questo importante processo equivaleva (ed equivale) a svuotare di significato negativo i rapporti tra mafia e politica, di fatto legittimandoli: non solo per il passato ma anche per il presente e per il futuro”.

Ora, le colpe dei padri non possono certo ricadere sui figli ma mi son letto Diari segreti e nella nota dei curatori (i figli) non c’è una sola parola di distacco dalle azioni del loro padre. Anzi, tutt’altro. Non metterò mai piede in una cena di borghesi (o roba simile) arricchiti che si trovano di tanto in tanto tra loro ma trovo che questo incontro stavolta sia un’offesa all’intelligenza di chi fa parte del Rotary; un invito inopportuno in una città che da sempre ha manifestato la sua avversione alla mafia invitando testimoni come Caselli, Nino Caponnetto, Rita Borsellino, Nando dalla Chiesa, Umberto Ambrosoli e altri.

E allora torno alla domanda iniziale: non era forse meglio invitare l’avvocato Ambrosoli o i figli di Aldo Moro, per parlare di quel periodo storico? A che serve celebrare ancora oggi Andreotti? Preferirei dimenticarlo che ricordarlo!

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