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Maria Kozij, la modella ucraina lascia le passerelle e imbraccia il Kalashnikov: “Non mi fa paura un fucile, mi fanno paura gli invasori russi”

E’ una scelta radicale, per lei che è così nemica della violenza da seguire persino una dieta vegana: “Sono un persona pacifica, non mangio neppure cibo che proviene da organismi uccisi. Ma se qualcuno attacca me, la mia famiglia e i miei amici, sono pronta a difendermi. Voglio difendere la mia gente"

di Simona Griggio

Era attesa in passerella alla Parigi Fashion Week, dal 28 febbraio all’8 marzo. Ma ha marcato visita e non si è vista. Il 24 è iniziata la guerra in Ucraina e Maria Kozij ha fatto un’altra scelta: “Ho deciso di restare a Leopoli e imparare a usare le armi. Non mi fa paura un fucile, mi fanno paura gli invasori“. Da quel momento ha chiuso i contatti con il mondo, almeno quelli dell’universo social. Sparito tutto dalla sua pagina Facebook (rimane solo l’indicazione “ha studiato Graphic Design presso Lnam”), impenetrabile quella Instagram dove rimane solo qualche immagine. Tante le celebrities passate alle armi in Ucraina. Dal mondo del balletto, l’arte delle arti in ex Unione Sovietica, a quello delle discipline marziali. E dopo l’ex Miss Ucraina Anastasiia Lenna, che ha postato (ma solo per solidarietà visto che è stata sbugiardata dai siti di debunking) la sua foto in armi per dimostrare che si unisce ai combattenti, ora c’è anche la protagonista del mondo della moda a difendere il Paese dai russi.

E’ Maria Kozij, ha 33 anni e non è una novellina. Già apprezzata nelle sfilate, è stata bersagliata dagli scatti dei fotografi specializzati un po’ in tutto il mondo. Si è vista anche a Milano e una bellissima foto già in rete la ritrae in un vaporoso e romantico abito rosso carminio. Lo scatto è di Tani Nikitchenko. Adagiata sulla chaise longue come un’eroina di opera lirica, oppure in un look metropolitano più aggressivo mentre entra in albergo, non ce la immaginiamo in mimetica se non in un film. Ma i pregiudizi sono fatti per essere superati.

Maria vive a Leopoli. E’ la città Ucraina a 70 chilometri dal confine con la Polonia. Tappa quasi obbligata di chi cerca la fuga verso quella frontiera: in macchina, a piedi, su treni affollatissimi. La fuga non le sarebbe stata preclusa: le donne, i bambini, gli anziani possono cercare riparo all’estero. Solo gli uomini sono bloccati dalla truppe ucraine, perché devono per forza rimanere a difendere la patria invasa. Lei ha preso un’altra strada. Ma non critica chi ha deciso di scappare dai bombardamenti: “Molte donne con i bambini piccoli lo fanno e credo che sia una decisione saggia. Ma io voglio aiutare le persone che hanno bisogno di me“.

La sua base operativa è diventata una scuola di Leopoli. Oggi non ci sono più gli studenti. E’ stata trasformata in un rifugio per chi ha perso tutto o cerca un riparo, temendo per la sua vita. Ma una parte dell’edificio è diventato un campo di addestramento per gli ucraini che vogliono addestrarsi, accedere alle forniture di armi, che sono intenzionati a combattere e a resistere ai russi. La sua vita è cambiata. Dalle griffe e una vita agiata ed elegante, passerelle e, appunto, tanti servizi fotografici, al kalashnikov: “Ogni giorno qui imparo a usarlo, c’è un allenatore che mi dice come fare“. Sì, perché c’è un trainer che ha deciso di dedicarsi al suo addestramento. Di chi si tratta? Di un ex militare finlandese. E’ uno dei tanti stranieri che hanno deciso di raggiungere l’Ucraina quando è divampato il conflitto per unirsi alle forze della resistenza. E mettere a disposizione il loro know out a chiunque voglia opporsi all’avanzata degli “invasori”.

E’ una scelta radicale, per lei che è così nemica della violenza da seguire persino una dieta vegana: “Sono un persona pacifica, non mangio neppure cibo che proviene da organismi uccisi. Ma se qualcuno attacca me, la mia famiglia e i miei amici, sono pronta a difendermi. Voglio difendere la mia gente“. Certo. C’è la speranza che la guerra finisca presto. Che tutto torni alla normalità. Quando Maria afferra il kalashnikov, spera di non doverlo usare davvero. Fino a ora non le è capitato: “Significherebbe che devo difendere me o qualcuno vicino a me. Non mi fa paura usare un’arma. Ho molta più paura dei russi e di quello che potrebbe accadere a una donna in un Paese in guerra”. Non vuole essere chiamata partigiana: “Non chiamarmi così, sono qui perché questa è casa mia. Ho il diritto di stare qui e di difendermi. Non ho mai combattuto in vita mia, sono una persona pacifica Qui nessuno vuole combattere, vogliamo solo essere liberi”.

Al Corriere della Sera ha spiegato come scorrono le sue giornate: “Sono arrivata qui per imparare a usare le armi e studiare il primo soccorso, ora sono una volontaria e coordino le operazioni assieme a un team internazionale“. Intorno, nella scuola, tutto è rimasto uguale: cattedre, banchi, lavagne. Ma ora ci sono solo mamme con i bimbi piccoli: “Ma che cosa hanno fatto per meritarsi questo? Me lo chiedo continuamente”. Come vede il suo futuro: “Tornerò a fare le sfilate. E’ quel che voglio dalla mia vita. Ma ora c’è una priorità: dobbiamo difenderci”.

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