“La cosa assurda è che in Italia adesso bisogna occuparsi dei criminali che sono nelle famiglie. Una società, la nostra, che sembrava basata sulla famiglia e, invece, la polizia ora deve combattere la criminalità che deriva da questi uomini che decidono di uccidere le mogli, picchiare le fidanzate”. È una vera e propria emergenza, descritta perfettamente dalla giornalista e conduttrice tv, Federica Sciarelli, quella della violenza contro le donne. Ci sono dei criminali, che sono mariti, compagni, fidanzati. E il problema femminicidio assume la stessa urgenza di contrasto tanto quanto la criminalità organizzata.

Mercoledì scorso lo storico programma dedicato alle persone scomparse Chi l’ha visto? ha acceso i riflettori su uno degli ultimi, purtroppo l’ennesimo, femminicidio che questa volta si è consumato in un paesino calabrese, San Leonardo di Cutro, in provincia di Crotone. La vittima, Vincenza Ribecco, aveva deciso di non aprire la porta di casa al marito, l’uomo che per una vita l’ha picchiata e umiliata e lui, Alfonso Diletto, che probabilmente aveva organizzato già tutto, l’ha uccisa sparando un colpo di pistola dalla porta finestra.

A trovarla senza vita, in una pozza di sangue, è stato il figlio della vittima. Un ragazzo che nel pomeriggio dell’8 marzo, il giorno in cui si celebra la giornata internazionale della donna, aveva comprato un mazzo di mimose e scritto un bigliettino “alla donna più importante della mia vita”. La sua mamma. È difficile immaginare cosa abbia provato quel giorno, quando con quel mazzo di mimose in mano, ha visto sua mamma a terra, in una pozza di sangue. Ed è difficile capire tutt’ora cosa provano lui e sua sorella, sapendo che l’orco che gli ha portato via la donna più importante della loro vita, è stato l’uomo che li ha messi al mondo. Quello che però si può fare, a partire da questo caso, e grazie al coraggio che stanno dimostrando questi figli, è un esercizio di memoria.

La vita di Vincenza è stata un incubo, un inferno. “Mi ricordo che mia mamma ci portava al parco giochi e ogni volta che tornavamo a casa poi mio padre gli faceva le storie, perché le diceva che non doveva uscire. Qualche volta l’ha picchiata”. Ora i figli vogliono che l’uomo paghi, ricordano ogni singolo momento in cui hanno visto la loro mamma soffrire, per le sue scenate. Quando usciva con gli occhiali scuri per nascondere gli occhi gonfi dalle botte. Quell’uomo, raccontano i figli, si faceva stirare la camicia dalla moglie per andare in discoteca nel fine settimana, mentre la donna rimaneva in silenzio a casa, cercando di tenere insieme la famiglia.

“Io spero che lui mi guardi – ha detto la figlia ai microfoni dell’inviato di Chi l’ha visto? – perché io l’ho sempre preservato. Ho sempre cercato di evitare, tenere buoni i rapporti, perché era sempre mio padre. Nonostante tutti gli anni di merda che ci aveva fatto passare. La pestava davanti a noi. E mia madre per il bene nostro non l’ha mai lasciato. Lui è sempre stato malato di gelosia. Geloso, ossessivo, possessivo. Mia mamma si è sempre ammazzata di lavoro e non ha mai speso un centesimo. Era una che non aveva neanche la patente. Usciva per andare da sua madre e lui pensava che si vedesse con gli uomini. Solo quando andava a lavorare, a fare le pulizie nelle case, a lui stava bene. In quel caso non era geloso, perché lui non faceva niente. Era servito e riverito”.

La scorsa estate la donna si era finalmente rivolta a un avvocato, il quale ha scritto in Questura per sollecitare un provvedimento di ammonimento. Ma, oltre all’ammonimento, per allontanare l’uomo dai luoghi frequentati dai familiari, serviva una prova. “Ora l’ha fatta qualcosa – conclude la figlia – ha ammazzato mia madre, lui ora la deve pagare. Lui l’ha fatto di proposito. Non aveva problemi, era sano. Lui l’ha fatto perché lo voleva. Che non si dica che era matto”.

Questo ennesimo caso ci dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che viviamo una vera e propria guerra. L’unico modo per venirne fuori è denunciare subito. Le vittime non devono né giustificare né cercare di proteggere il carnefice. Questa storia insegna che non si uccidono le donne solo perché si viene lasciati, che non si uccidono solo perché gli uomini si sentono traditi. Si uccidono e basta, perché una scusa c’è sempre per certi uomini. L’unico modo per evitare di arrivare al punto estremo è denunciare subito, allontanare l’orco, cercare aiuto e non voltarsi indietro mai quando si prende una decisione. Perché dopo le botte ci sono i proiettili.

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