“Io ho fatto tutti i reati finanziari… venti giorni di carcere ed esco… sono quattro volte che mi arrestano però ogni 21 giorni me ne vado a casa… perché?… faccio reati finanziari… gli levo 400, 800… un milione di guadagno”. Parola di Daniele Muscariello, produttore cinematografico, titolare di Henea Production, legami spericolati con la camorra e coi narcos. È finito in carcere con l’accusa di essere un riciclatore dei proventi del clan Mazzarella-D’Amico di San Giovanni a Teduccio. L’intercettazione è riportata tra le 41 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma Simona Calegari. Dimostra, secondo il giudice, “la stabilità delle condotte illecite commesse”. Ce n’è un’altra dello stesso tenore, è sempre Muscariello a parlare: “Eh se a me mi fanno fare un anno di carcere… io esco riguadagno dieci volte quello che ho guadagnato oggi perché è dentro il dna… come ti posso dire…”. Per il gip non ci sono dubbi: “È lo stesso Muscariello a descrivere precisamente la sua attività imprenditoriale come strumento per realizzare obiettivi illeciti”. Prevalentemente attraverso le sue produzioni cinematografiche, come conferma in un’altra intercettazione ancora: “Il cinema? Giustifica… nel senso che è uno strumento che giustifica… perché un film può costare 200mila euro, ma può costare anche cinquanta milioni…”.

L’indagine, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, ha portato a nove arresti tra cui due esponenti delle forze dell’ordine (usati come spalloni del denaro per eludere i controlli), e al sequestro di un milione e mezzo di euro da parte del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza in seguito a movimentazioni bancarie sospette di almeno un milione e 250mila euro. Per “ripulire” i soldi il clan si affidava a un’azienda vitivinicola, il cui commercialista è finito in carcere, e alle produzioni dei film di Muscariello. L’ultimo titolo di Henea Production è “All’alba perderò”. Nelle carte ne è citato un altro, “L’amore rende belli”.

Il produttore finisce all’attenzione degli inquirenti grazie alle intercettazioni ambientali di Elvis Demce ed Ermal Arapaji, capi del crimine organizzato specializzato in narcotraffico ed estorsioni violente. Le cimici fanno emergere il progetto di un sequestro, che resta solo sulla carta, di un imprenditore di Velletri, “colpevole agli occhi del clan di non aver versato una tangente relativa all’acquisizione di un appalto nel comune dell’Aquila, ottenuto grazie all’interessamento del clan D’Amico”, si legge nell’ordinanza. Le conversazioni sono particolarmente cruente. Si immaginano i dettagli del sequestro, le minacce in lingua albanese per spaventare maggiormente la vittima, l’intenzione di tagliargli le dita “perché – è Muscariello a parlare – deve risarcire, economicamente, e anche con dei pezzi di dita, come da accordi, sui quattro tre deve risarcire tutto il male che lui ha fatto con la sua cattiveria, la sua presunzione, con la sua arroganza…”. Al sequestro avrebbe dovuto partecipare anche un esponente del clan Gallo-Cavalieri di Torre Annunziata e doveva avere lo scopo di ottenere immediatamente “900mila euro”. Poi, per fortuna, non se saprà più nulla.

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Riciclaggio, nove arresti: anche un produttore. Il clan che investiva nel cinema: “È il nostro strumento”

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