Sono stati incastrati dal fratello, diventato collaboratore di giustizia. E adesso dopo oltre 20 anni dovranno rispondere di due omicidi. Due “cold case” che sembravano un rompicapo impossibile da ricostruire con indizi dettagliati in grado di formulare un’accusa e invece adesso la procura antimafia di Lecce ritiene di aver risolto. Per questo il sostituto procuratore Milto Stefano De Nozza ha deciso di procedere al fermo di Cosimo ed Enrico Morleo, due fratelli di Brindisi, accusati di omicidio con l’aggravante del metodo mafioso. Dopo aver rimesso al lavoro lo stesso gruppo di investigatori della Squadra Mobile che all’epoca si era occupata dei due casi, i poliziotti ritengono di aver chiuso il cerchio sugli omicidi degli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada, assassinati nel 2000 e nel 2001. I due erano attivi nel commercio di articoli per la casa nel porta a porta, in particolare padelle.

La svolta nelle indagini è arrivata grazie al fratello minore dei Morleo, Massimiliano, che, sottoposto ad un programma di protezione, ha incominciato a collaborare con la giustizia lo scorso settembre. Le sue dichiarazioni sono state supportate da intercettazioni e altre dichiarazioni: per l’accusa, il mandante dei due omicidi sarebbe Cosimo Morleo, il fratello invece l’esecutore. A conferma della ricostruzione dell’accusa ci sarebbero anche le dichiarazioni rese da un testimone oculare dell’omicidio di Cairo, che all’epoca aveva 18 anni: il testimone ha dichiarato di non aver parlato all’epoca per “timore di gravi ripercussioni sulla mia persona e verso i miei familiari, soprattutto a seguito delle minacce di morte ricevute direttamente da Enrico Morleo”.

In base alle ipotesi emerse dalle indagini della Squadra mobile di Brindisi – coordinate dalla Dda di Lecce – Cairo sarebbe stato assassinato e fatto a pezzi perché ritenuto responsabile di una sottrazione di diversi milioni di lire ai danni della società Golden Star – specializzata in articoli per la casa – di cui era socio con Cosimo Morleo. La società sarebbe poi stata liquidata proprio per l’ammanco e Cairo avrebbe costituito una propria società nonostante il divieto che gli era stato imposto dal socio. Per la Dda, Morleo avrebbe consentito a Cairo di svolgere solo l’attività di porta a porta, ma quest’ultimo invece costituì la società Indoor srl: per questo motivo sarebbe stato ucciso a coltellate e il corpo sarebbe stato sezionato con una motosega a scoppio e bruciato. I resti non sono stati mai trovati.

Per l’accusa, l’omicidio di Cairo voleva essere “un caso emblematico di lupara bianca” per “esprimere pubblicamente la punizione per l’ammanco causato e per la successiva disobbedienza alla famiglia Morleo” e questo allo scopo di “restaurare quella gerarchia e quei valori criminali calpestati per i quali la famiglia era nota e temuta dall’intera città di Brindisi”. Il secondo uomo assassinato, Sergio Spada, sarebbe stato ucciso invece perché ritenuto responsabile di essersi inserito nel rapporto di esclusiva che legava la M.C. Europe, società di articoli per la casa riconducibile a Morleo, alla società Tutto srl e InoxPran. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Spada – ucciso sotto casa e fatto ritrovare cadavere in una stazione di servizio lungo la tangenziale di Brindisi – fu ritenuto responsabile dai fratelli Morleo anche di avere stipulato una compravendita per un capannone, già acquistato da Cairo per cui aveva manifestato interesse Cosimo Morleo.

In una intercettazione del 20 gennaio scorso, riportata nel decreto di fermo firmato dal pm De Nozza, Enrico Morleo diceva di “rivivere in sogno la scena della brutale uccisione di Salvatore Cairo” e manifesta la volontà di “morire anziché subire le conseguenze di una carcerazione a vita”. A un familiare, il presunto esecutore dell’omicidio dice: “Dovendo scontare 25 anni di carcere, sarei uscito a 70-80 anni”. Sempre a un familiare, sarebbe arrivato a “ipotizzare il suicidio” dicendo di tagliarsi la giugulare.

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