Si sono appena concluse le olimpiadi invernali di Pechino senza che quasi nessuno abbia detto, né prima, né durante, cosa esse siano state dal punto di vista ambientale e territoriale. Basterebbe questo: perché si svolgessero è stata creata una stazione invernale dal nulla, che non esisteva neppure quando la Cina candidò Pechino! E che non esistesse era ampiamente giustificato dal fatto che lì, sul monte Yanqing (località prescelta perché relativamente vicina a Pechino), vi erano solo boschi, le nevicate erano rare, non più di pochi centimetri all’anno, e i venti fortissimi.

E infatti chi abbia visto le olimpiadi in tv si sarà reso conto che le piste erano state realizzate aprendo squarci nei boschi e facendo saltare la roccia, e che in più lungo le stesse si ergevano alti cannoni per creare quella neve che altrimenti non ci sarebbe stata. Si calcola che solo per produrla si siano spesi 90 milioni di dollari, mentre 38,5 miliardi di dollari è stato il costo totale della manifestazione.

Tra l’altro – essendo la zona arida – l’acqua è stata sottratta agli usi civili.

Tutto il comprensorio ora sarà abbandonato, perché ovviamente ingestibile con i costi che comporta. Sono state le prime olimpiadi create letteralmente dal nulla nella storia! Ma intanto – con la benedizione del CIO che vorrebbe che le grandi manifestazioni fossero sempre ecostenibili (!) – la Cina ha raggiunto il suo risultato politico: la celebrazione della sua potenza nel mondo. E chissenefrega dell’ambiente! Del resto, basta guardare cosa sta accadendo a quelle olimpiadi invernali di Cortina così sponsorizzate da Malagò. Un po’ quello che sta avvenendo in Qatar, che ha ottenuto i mondiali di calcio attraverso operazioni quanto meno sospette, visto che già 26 persone sono state giudicate colpevoli di corruzione aggravata, frode, riciclaggio, associazione a delinquere; il presidente Fifa, Blatter, fu costretto a dimettersi e anche Platini passò i suoi guai.

Del resto che non avesse un senso disputare i mondiali in uno dei paesi più caldi del mondo e praticamente privo di strutture poteva anche essere ragionevole. Basti pensare che i “giochi” si svolgeranno in novembre, facendo sospendere i campionati nazionali. Ma, anche qui, il Qatar doveva dimostrare il proprio potere. E anche qui nessuno ne parla, salvo poche eccezioni. Il manifesto del 26 agosto 2021: Nei mesi scorsi il quotidiano britannico Guardian, dopo una lunga indagine, aveva riferito che oltre 15.021 lavoratori stranieri – di tutte le età e professioni – sono morti tra il 2010 e il 2019 in Qatar. Circa due milioni di persone provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh, Sri Lanka e Filippine sono stati reclutati in massa per costruire sette stadi, una città, aeroporti e infrastrutture. 5.927 ‘morti bianche’ avvenute in maggioranza da quando Doha ha ottenuto dalla Fifa i mondiali di calcio del 2022.

Tra l’altro, si consideri che 2,8 milioni sono gli abitanti del Qatar, e due milioni quelli reclutati per i lavori. Oltre al manifesto, solo Il Fatto Quotidiano con articolo del 25 febbraio a firma di Sergio Rinaldi Tufi a denunciare la follia. Non esistevano gli stadi, o meglio ne esiste solo uno, sette – come anzidetto – quelli costruiti ex novo: tutti con l’aria condizionata, meno uno, il Ras Abu Aboud, che verrà smontato dopo il campionato. Costo complessivo della manifestazione: 200 miliardi di dollari.

La lezione che si trae da Pechino e Qatar è che chiunque si può candidare ad una grande manifestazione senza avere né una vocazione né uno straccio di infrastruttura che giustifichi l’assegnazione. Si realizza tutto ex novo, anche la neve. E i morti sono solo danni collaterali, incidenti di percorso. E il gigantismo, già tipico in casa nostra del fascismo, si replica amplificato nel presente mondiale. Un mondo di pazzi.

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