Cultura

Davide Livermore, il regista della Scala a FqMagazine: “Ero a San Pietroburgo quando Putin ha mostrato i suoi ‘muscoli nucleari'”. D’accordo con Sala su Gergiev”

Sta per mettere in scena la teatro di Genova alcuni spettacoli legati alla guerra: "Non sono un sensitivo. La nostra programmazione è purtroppo drammaticamente attuale. S’intitola ‘Human Pride’ e affronta in maniera diretta anche il tema della guerra. Ma è un tema che appartiene alla nostra storia, è presente nei testi teatrali da almeno 2500 anni! Ero a San Pietroburgo per questioni artistiche - il teatro Aleksandriskij è punto di riferimento della cultura teatrale mondiale - quando c’è stato l’incontro fra Vladimir Putin ed Emmanuel Macron..."

di Simona Griggio

Fino a pochi giorni fa Davide Livermore, il regista delle prime della Scala e di molti altri spettacoli nel mondo, era a San Pietroburgo al teatro Aleksandriskij. È da tempo che sta lavorando a uno scambio di produzioni fra Teatro Nazionale di Genova, di cui è direttore, e una delle realtà più importanti della storia del teatro. Proprio da lì ha scritto un post su Facebook: “Ieri sera a San Pietroburgo si vedeva l’incontro tra Putin e Macron. Una giornalista chiedeva se la Russia avesse paura di questo accerchiamento Nato. Putin ricordava alla giornalista e a tutto il mondo che la Russia è la più grande potenza nucleare e quindi evidentemente non sente un particolare pericolo Nato”. Rientrato in Italia, lo raggiungiamo a Genova. Lo attendono nuovi debutti di una stagione intitolata “Human pride” e legata agli Obiettivi di Sviluppo Sost enibile fissati dall’Agenda 2030 dell’Onu (il teatro Nazionale di Genova è il primo teatro italiano ad aderire all’ASviS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile).

Livermore, la scelta di mettere in scena all’interno della stagione del teatro Nazionale di Genova alcuni spettacoli legati alla guerra è una coincidenza oppure le nostre antenne non erano abbastanza sensibili per capire la vicinanza di un conflitto?
Non sono un sensitivo. La nostra programmazione è purtroppo drammaticamente attuale. S’intitola ‘Human Pride’ e affronta in maniera diretta anche il tema della guerra. Ma è un tema che appartiene alla nostra storia, è presente nei testi teatrali da almeno 2500 anni! Ero a San Pietroburgo per questioni artistiche – il teatro Aleksandriskij è punto di riferimento della cultura teatrale mondiale – quando c’è stato l’incontro fra Vladimir Putin ed Emmanuel Macron.

Quindi?
I telegiornali russi hanno fatto vedere il premier Putin mostrare i suoi ‘muscoli nucleari’. Eppure il peso di quest’affermazione di forza è stato trascurato dai media. Non si minacciava l’uso dell’atomica da decenni. Sono rimasto colpito da come, inizialmente, una dichiarazione così grave sia stata ripresa solo marginalmente dai media europei.

E ora che la guerra è scoppiata davvero e Putin evoca un’opzione nucleare?
Ogni guerra va condannata. A partire da questa, mossa da Putin in Ucraina. Tutte le guerre scatenano reazioni anche nel mondo dell’arte. Il mio pensiero è di condanna totale a tutte le guerre in tutto il mondo. Ogni artista deve prendere posizione, così come hanno fatto molti artisti americani, purtroppo non tutti, in occasione dei continui conflitti portati avanti dalle varie amministrazioni statunitensi, tra cui quella di un Presidente insignito del Nobel per la pace come Barack Obama, che nella storia americana è stato quello che ha scatenato più guerre.

Proprio in questi giorni in scena nelle sale del Teatro che dirige ci sono spettacoli dal contenuto particolarmente attuale, alla luce di quanto sta accadendo…
Vero. Il debutto di ‘Grounded’ di George Brant, di cui firmo la regia. E’ un monologo che racconta, attraverso la vita di una top gun militare, la deriva alienante della guerra contemporanea. Poi ‘Se questo è un uomo’, dall’opera di Primo Levi, e “Le Troiane’ di Euripide con Elisabetta Pozzi. Quest’ultimo è una rilettura della grande epopea degli sconfitti, un paradigma straziante di ogni vinto nella Storia. Un capolavoro del canone occidentale che parla a ogni essere umano, di lutto e compianto, di legami familiari sconvolti dagli eventi enormi e dolorosi che ci travolgono. Lasciando chi resta nello smarrimento e nell’affannosa ricerca di un senso.

Che cosa può fare il teatro per affermare contenuti di democrazia?
Il teatro è democrazia, nasce dalla democrazia. La stagione del teatro di Genova è frutto dell’impegno per la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, con cui il teatro Nazionale intende confrontarsi. Vogliamo ritrovare una centralità nel contesto europeo, ponendoci come istituzione culturale capace di mediare tra il singolo cittadino e la comunità socio-politica internazionale.

L’arte può essere indipendente dalla politica?
L’arte ha sempre una valenza politica. A volte si emancipa dai poteri, altre volte no. In Russia abbiamo visto risposte di artisti molto diverse. Ma c’è differenza fra il singolo artista e un’istituzione che rappresenta un Paese.

Cosa pensa della scelta del sindaco di Milano di chiedere una presa di posizione netta di condanna dell’invasione dell’Ucraina al direttore d’orchestra russo Valery Gergiev?
Rispetto la decisione di Beppe Sala. Ribadisco solo che sarebbe bello che tutti sentissimo l’urgenza di schierarci contro ogni guerra del nostro tempo e contro tutti gli atti lesivi della democrazia. In ogni parte del mondo e da parte di ogni Governo.

Lei ha lavorato come regista al Bolshoi di Mosca e ora è in trattativa con l’Aleksandriskij di San Pietroburgo: cosa potrebbe succedere al mondo del teatro?
Sto impostando uno scambio con il teatro Aleksandriskij di San Pietroburgo. Ospitare a Genova un titolo di Cechov in russo e portare a San Pietroburgo una nuova produzione: ‘Maria Stuarda’ di Schiller. Il mondo è pieno di eccellenze russe, specie nei teatri d’opera. Il loro apporto artistico e numerico è di fondamentale importanza. Non dobbiamo generalizzare. Un conto è l’apporto di un artista singolo, un altro è quello dell’istituzione statale di un Paese.

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