I blocchi degli autotrasportatori in alcune aree strategiche del Paese come lo stretto di Messina e Bari ripropongono il tema del preponderante peso del trasporto merci su strada, che in ogni occasione di crisi energetica emerge in tutta evidenza.

Con il decreto Milleproroghe gli autotrasportatori si sono visti mantenere lo sconto sulle accise, mentre ai loro competitor ferroviari che usano locomotori a diesel nei porti e negli interporti lo sconto è stato annullato. Il ministro della Mobilità Sostenibile, Enrico Giovannini, annuncia di voler sviluppare il trasporto su ferro ma cancella i già inadeguati incentivi al settore ferroviario.

Anziché ridurre gradualmente le accise del settore, i tir continuano ad usufruire dello sconto già esistente (e nonostante questo protestano): per l’ennesima volta si è scelto di sostenere la lobby dell’autotrasporto. Il settore ferroviario, invece, meno flessibile e con costi fissi maggiori (per la rete e il materiale rotabile) già ora non riesce ad essere competitivo con il trasporto dei Tir: le nuove disposizioni aumenteranno, invece di ridurre, lo squilibrio tra trasporto su gomma e su ferro, a favore del primo. Nonostante questo, gli autotrasportatori stanno già attuando i blocchi.

Con l’ultimo decreto “bollette” il governo ha partorito un topolino: riduzione dell’Iva al 5% e degli oneri generali per il settore gas; credito d’imposta per le imprese energivore; rafforzamento del bonus sociale per le famiglie. L’Esecutivo era già intervenuto per ridurre la pressione del caro bollette con 1,2 miliardi di euro nel III trimestre 2021, 3,5 miliardi nel IV trimestre e 5,5 miliardi nel I trimestre 2022. Tutti provvedimenti tampone e non strutturali, che non hanno spostato i profitti dalle tasche delle società energetiche (Eni, Enel, A2A, Edison…) a quelle dei consumatori.

Tutta un’altra musica quella del governo spagnolo, che tempestivamente nel settembre scorso ha deciso la riduzione dell’Iva sull’energia elettrica dal 21% al 10% e l’abolizione dell’imposta sulla produzione di energia elettrica del 7%. Una riduzione netta di entrate pari a 1.4 miliardi. L’esecutivo di Madrid ha anche approvato la riduzione temporanea della remunerazione in eccesso ottenuta dagli impianti di produzione di energia elettrica grazie al contraccolpo di costi del gas. Verrà poi applicata una formula che mira a ridurre il dividendo di carbonio degli impianti non emittenti CO2. Insomma, il governo spagnolo sta già detraendo i profitti delle società energetiche per reindirizzarli ai consumatori riducendo le bollette. Quello italiano che cosa aspetta?

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