Ha accoltellato prima l’ex moglie, poi – più tardi – il suo presunto nuovo compagno, ferendoli entrambi in modo grave. Intorno alle 14 di martedì la Polizia ha fermato in un hotel di Rimini un 53enne albanese, Pellumb Jaupi, accusato di essere il responsabile delle due aggressioni. Nei suoi confronti era già in corso un’indagine per stalking nei confronti della donna, con la Procura di Rimini che a novembre aveva chiesto invano la custodia cautelare in carcere per una serie di comportamenti minacciosi e violenti che andavano avanti almeno da ottobre 2020. Il gip, però, aveva disposto il divieto di avvicinamento e di comunicazioni, ritenendo che la misura fosse sufficiente a fronteggiare il rischio di recidiva. La donna, 51enne, è ricoverata in medicina d’urgenza all’ospedale Bufalini di Cesena, in prognosi riservata. Più gravi ancora le condizioni dell’uomo, 48enne, che si trova in rianimazione: anche sua sorella, intervenuta per difenderlo, ha riportato lesioni per trenta giorni di prognosi.

L’aggressione è avvenuta intorno alle 13.30 a Morciano di Romagna, dove la 51enne albanese vive. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Riccione, ma nel frattempo Jaupi si era già spostato nell’albergo di Rimini, con l’intenzione di colpire ancora. È stato rintracciato all’interno della struttura dalle volanti e dalla Squadra mobile della polizia e arrestato in flagranza (per il secondo episodio) e fermato (per il primo), d’intesa con il pm di turno Paolo Gengarelli. La moglie aveva denunciato Jaupi una prima volta a dicembre 2020 e poi ancora a novembre 2021. Lo accusava di averla offesa e minacciata costantemente tra marzo e ottobre 2020, costringendola a fuggire in Albania dopo la separazione. Quando lei era da poco tornata – pensando che l’ex marito si fosse tranquillizzato – lui le si è presentato a casa, aggredendola alle spalle. Lei si era dovuta chiudere in bagno, attendendo che lui se ne andasse.

In diverse altre occasioni, aveva raccontato, Jaupi l’aveva pedinata aspettandola sotto casa: come a fine novembre 2020, quando le si era avvicinato anche in auto, scendendo e scuotendo la macchina dove si trovava lei. Per un periodo, per paura, lei era stata all’estero ospite di parenti. Altre volte aveva dovuto cambiare casa. E poi telefonate costanti per controllarla, minacce anche con un coltello, aggressioni. In un’occasione le ha detto che se avesse raccontato delle violenze al figlio li avrebbe ammazzati entrambi. A novembre 2021 l’ha attesa ancora una volta sotto casa e dopo aver notato che riceveva una telefonata – a cui non rispondeva – ha iniziato a minacciarla, urlando e pretendendo di sapere chi fosse stato a chiamarla: “Se non richiami il numero ti brucio viva, se mi denunci e mi mettono in carcere quando esco ti ammazzo”. A fronte di questi elementi, il 10 novembre 2021 il pm Davide Ercolani aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, ritenendola misura idonea e proporzionata. La gip, nel disporne una meno afflittiva, aveva anche tenuto conto dell’incensuratezza dell’indagato e aveva valutato che l’uomo fosse sufficientemente dotato di autocontrollo per rispettare il provvedimento. Ma così non è stato.

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