di Lucia Borroni

Juan Carrito è un orso marsicano di poco più di due anni, grande e grosso e molto confidente. Abituato com’era a cercare cibo facile rovistando tra cassonetti dei rifiuti e pollai e addirittura facendo il suo ingresso in una pasticceria, le autorità del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise hanno messo in campo tutte le strategie per garantire sicurezza agli umani e libertà all’orso.

Sono intervenuti guardiaparco e carabinieri forestali con petardi e proiettili di gomma; il direttore del Parco e i suoi collaboratori hanno incontrato in piazza cittadini, turisti e amministratori: la loro presenza sul territorio è stata capillare, la comunicazione efficace e diretta e l’entrata in azione immediata, sia quando hanno spostato l’orso in aree più remote del Parco (per ben due volte!) ma anche quando si è trattato di denunciare i proprietari di un cane lupo non al guinzaglio che ha avuto un incontro ravvicinato con Juan Carrito – e la cosa poteva finire davvero male.

Ora Juan Carrito è in letargo, speriamo che al suo risveglio i cassonetti anti-orso finalmente installati lo dissuadano dal tornare nei paesi.

Come non pensare a M57 o, peggio ancora, a M49? Anche Juan Carrito ha una sigla, M20, ma l’avergli dato un nome è testimonianza di empatia, che non significa disconoscere i problemi di convivenza con i plantigradi “ingombranti”, ma vedere in ogni abitante del pianeta un coinquilino, e cercare di viverci in buona armonia. Almeno provarci.

M57 è stato sommariamente catturato e rinchiuso al tristemente noto Casteller dopo un attacco a un carabiniere presso l’area rifiuti di Andalo. Le dinamiche non sono mai state chiarite, tanto che il Consiglio di Stato, lo scorso 3 novembre, chiedeva alla Provincia Autonoma di Trento di valutare la possibilità di liberarlo, dopo parere di Ispra che però scriveva che “un’eventuale reimmissione in natura dell’individuo M57 può comportare significativi rischi di sicurezza per l’uomo e in alternativa al rilascio si ritiene tecnicamente accettabile la traslocazione in altra struttura idonea al contenimento dell’esemplare”. Si badi bene: al contenimento, non ad una vita per quanto possibile libera e felice. Il carabiniere ha riportato qualche graffio, M57 è in uno zoo ungherese.

Sta andando persino peggio a M49: è rinchiuso al Casteller in una gabbia di cemento. Non ha mai attaccato l’uomo. Da orsetto è stato reso confidente da cibo abbandonato presso le stalle. Da grande nelle stalle ci è entrato. Adesso vive dietro le sbarre, in 12 metri quadri, qualche ora d’aria al giorno. Chiunque ricordi il video di M49 che gioca nella neve non può che essere profondamente rattristato.

Gli orsi trentini non godono della stessa empatia da parte degli umani che invece hanno in quel d’Abruzzo. Speriamo almeno che i brutti episodi di M49 e M57 servano alla PAT per comprare i cassonetti anti-orso e mettere in atto una comunicazione paziente e capillare in primis con i residenti. Questo ha dei costi tutto sommato modesti. Ma anziché valorizzare natura e ambiente la Provincia di Trento preferisce progettare un mega stadio per il concerto di Vasco a maggio.

Ci staranno 120.000 persone – come gli abitanti di Trento. Verrà demolito un drive through vaccinale costato circa un milione, ma l’area è comunque troppo piccola e senza i necessari requisiti di sicurezza. Mah…

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