L’intelligence statunitense era certa: l’uomo che occupava l’ultimo piano di un’anonima casa ad Atmeh, nel nord della Siria, era il capo dello Stato Islamico in Iraq e Siria (Isis). Nella Casa Bianca è stato allestito un modello da tavolo della casa di Atmeh e il presidente Joe Biden è stato informato sulle opzioni per neutralizzare Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi, uno degli obiettivi più ricercati d’America. Le truppe americane hanno circondato l’edificio dove si trovava al-Quraishi. Quest’ultimo si è fatto esplodere all’interno insieme a sua moglie e due figli. L’esplosione ha fatto diverse vittime a cominciare appunto da al-Quraishi, che è stato trovato morto a terra, fuori dall’edificio, secondo il generale americano Kenneth McKenzie. “Le impronte digitali e l’analisi del Dna confermano che si tratti di Haji Abdullah”, ha detto il generale McKenzie, usando il nome del Pentagono per Quraishi.

Per i residenti della città di Atmeh, gli eventi sono stati terrificanti. L’operazione statunitense era stata ripetutamente provata in dettaglio. Le forze speciali si sono addestrate per qualsiasi cosa, dalla resa a uno scontro a fuoco, compresa la possibilità che al-Quraishi si sarebbe fatto esplodere. “Una delle nostre principali preoccupazioni era che si sarebbe suicidato e la struttura sarebbe crollata uccidendo tutti gli altri nell’edificio”, ha dichiarato un alto funzionario militare. I soldati americani hanno invitato tutti a uscire dall’edificio. Una coppia e i loro figli che vivevano al primo livello sono usciti e sono stati portati in salvo. Pochi istanti dopo una forte esplosione ha distrutto metà della struttura lasciando intatto il livello sottostante. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, tra le 13 persone uccise ci sono 7 civili e 4 bambini. Gli Stati Uniti avevano messo una ricompensa di dieci milioni di dollari sulla testa di al-Quraishi quando prese il timone dell’Isis.

La morte di al-Quraishi si tradurrà molto probabilmente in una riorganizzazione tattica dello Stato Islamico, o addirittura nella sua frammentazione in altri nuovi gruppi estremisti nel mezzo della miseria e del caos in corso nella guerra civile siriana. È improbabile che la sua morte significhi anche la fine della guerra al terrorismo. Dopo una lunga lista di fallimenti e sconfitte, l’opinione pubblica statunitense è chiaramente stanca dei suoi conflitti in Medio Oriente. Nelle sue osservazioni che annunciavano la morte di al-Quraishi, anche Biden si è astenuto dal promettere un’imminente fine dei conflitti o anche una situazione di sicurezza radicalmente trasformata per gli americani.

Sebbene al-Quraishi sia ora morto insieme a diversi civili, il conflitto continua ancora, senza alcun orizzonte in vista. Un articolo apparso su “War on the Rocks” lo scorso anno ha evidenziato i limiti dell’uccisione di leader terroristici come mezzo di vittoria strategica. “Troppo spesso la decapitazione della leadership è vista come una panacea, poiché i responsabili politici promuovono la rimozione di obiettivi di alto valore per suggerire un punto di svolta che non si concretizza”, ha osservato Colin Clarke, direttore presso il Soufan Group, una società di consulenza sulla sicurezza. “È corretto cercare di decapitare le organizzazioni terroristiche, ma si tratta di azioni tattiche, non strategiche”. La morte di Bin Laden non ha annientato Al Qaeda, lo stesso vale anche per la morte di Al Baghdadi o di al Quraishi dell’Isis.

Al di là del controllo territoriale e delle diverse perdite, la preferenza del gruppo terroristico di matrice jihadista per l’idea di un califfato rianimato, piuttosto che per la leadership, assicura che la minaccia dell’Isis continui. Staremo a vedere anche la reazione dell’altro principale gruppo terroristico della galassia jihadista: Al Qaeda, un’organizzazione ancora solida e destinata a mantenere un ruolo di primo piano soprattutto in questo particolare periodo. Da un lato continua l’impegno alla lotta armata, dall’altro c’è il mantenimento e l’organizzazione di una serie di entità proto-statuali di ispirazione jihadista.

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