di Roberto Del Balzo

Siamo tutti un po’ Ciccillo, zio Felice e quel coacervo di personaggi della commedia di Totò “Il medico dei pazzi”. È lì che finiremo, dal medico dei pazzi, e siamo sulla strada giusta. Terza dose fatta. La quarta è dietro l’angolo, il ghiaccio da mettere sul braccio sempre pronto in frigorifero tra avanzi e preparativi per le feste che avanzano. In un calderone dove ognuno mette il suo ingrediente preferito c’è tutto e il contrario di tutto, fino alle laconiche parole dell’ormai onnipresente professor Crisanti: “Ormai l’unica cosa che serve veramente è la mascherina Ffp2”.

E quindi noi, intendo noi che tutti i giorni che Dio ha messo in terra siamo lì sul divano, col blefarostato sugli occhi a guardare giornalisti che intervistano giornalisti, giornalisti che intervistano virologi, giornalisti che intervistano no vax (ma solo per capire meglio la loro posizione, vero Formigli?), giornalisti che intervistano politici che affogano nelle loro stesse parole confuse e tutto l’assembramento televisivo, quel coacervo di personaggi di cui sopra, noi cosa dovremmo pensare?

Dopo due anni passati in questo modo se anche la mente di un filosofo può andare in cortocircuito figuriamoci la nostra, così programmata per una vita passata sul doppio binario lavoro-casa tra la stazione Fornero e un orizzonte non più così lontano. È veramente la paura l’unico strumento di cui un governo dispone per farci andare avanti tra certezze che non sono mai tali e dubbi che rimangono appesi ad ogni parola pronunciata da chiunque? E perché questo strazio di provvedimenti, di regole mai omogenee piuttosto che un vero unico e insindacabile obbligo vaccinale?

Ci servirà il medico dei pazzi: nonostante le inoculazioni, le attenzioni e tutto quello che serve per non far entrare nel naso il parassita, vivremo da malati per morire sani non prima di aver visto qualche zuffa da cani in calore in uno dei tanti talk televisivi, il tutto in alta definizione.

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