Quello di Giorgia Meloni è un concetto davvero strano di patria e patriottismo. Basti pensare che si è affrettata a investire del titolo di patriota il personaggio che probabilmente può aspirarvi meno in Italia, e cioè Silvio Berlusconi. Il ventennio appena trascorso, dominato dalla figura di quest’ultimo, ha infatti segnato un netto regresso del nostro Paese in tutti i campi: a cominciare da quello economico, con particolare riferimento alla condizione di lavoratori e lavoratrici, per coinvolgere anche altri piani, quali soprattutto quelli della consapevolezza civile e della dimensione culturale, anche se sarebbe forse ingiusto dare tutte le colpe a Berlusconi.

Secondo la nostra pessima destra, lorsignori, a quanto pare, le classi lavoratrici devono accontentarsi di sgobbare, soffrire e a volte morire in silenzio, senza poter far ricorso a strumenti costituzionalmente garantiti, come lo sciopero, per far valere i loro diritti. A titolo di premio di consolazione sarà loro accordato un certificato di patriottica italianità, negato invece a milioni di nostri concittadini che sono nati e cresciuti nel nostro Paese. Ma anche la cittadinanza dei cittadini a pieno titolo lascia da noi molto a desiderare, se scendiamo nel concreto.

Insomma, quella che la Meloni chiama “patria” è un sorta di surrogato ideologico da ammannire a chi sempre più risulta privo di lavoro, casa, reddito, salute, istruzione, cultura, ambiente vivibile, ecc. E “patrioti”, sempre secondo lei, sono coloro che si prestano a questa gigantesca mistificazione ostentando la migliore (o peggiore) faccia tosta per prendere in giro il popolo italiano. Da questo punto di vista, in effetti, dobbiamo riconoscere che la definizione si attaglia perfettamente a Silvio Berlusconi.

Il problema, se vogliamo, ha poi implicazioni ben più vaste e ramificate. Entra in discussione il fondamento stesso della Repubblica, che a norma dell’art. 1 della nostra Costituzione è com’è noto il lavoro. Si ha invece l’impressione che si usi, in modo del tutto strumentale e capzioso, l’espressione di “patria” proprio per debilitare e tendenzialmente annientare questa ed altre valenze del nostro patto fondamentale. E prima ancora per obnubilare la guerra ed insurrezione antifascista che ne hanno costituito la base storica. C’è poi chi, come Alberto Leiss sul manifesto del 14 dicembre, sostiene che “patriota”, nel gergo della nuova destra meloniana e simile, è una sorta di messaggio in codice per intendere, in realtà, “fascista”.

E qui ha pienamente ragione il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, il quale, denunciando i pericoli per la democrazia insiti nella prospettiva autoritaria e presidenzialista fatta propria dalla leader di Fratelli d’Italia, afferma che “Il patriottismo per le forze di destra radicale indica supremazia della propria nazione, rivalità verso gli altri Paesi, inclusione della scelta della guerra per comporre tale rivalità, in altre parole: nazionalismo“.

E c’è anche un altro pericolo che va denunciato, quello di sotterrare definitivamente la memoria storica, dimenticando i numerosi crimini di guerra e contro l’umanità, i genocidi e le aggressioni, di cui il fascismo storico, del quale la Meloni è oggi l’erede più accreditata in sede istituzionale, si è reso responsabile proprio in nome di quell’accezione degenerata del patriottismo.

Come dimenticare che i lager nazisti sono stati creati sulla base dell’esperienza realizzata dalle forze di occupazione coloniale italiana, che vi rinchiusero i patrioti (quelli sì) libici, condannandoli in molti casi a morte atroce? E l’uso massiccio dei gas asfissianti contro la resistenza etiopica all’invasione mussoliniana? E le stragi perpetrate in Jugoslavia in complicità coi nazisti tedeschi? Tanti orrendi esempi di “patriottismo”, nella versione destrorsa del termine…

Eppure il termine patria non merita questa sfigurazione cui la destra lo vorrebbe assoggettare. Patria è anche quella delle Brigate Garibaldi che, scendendo dai monti d’Italia, posero fine all’oppressione nazista e ai suoi ascari fascisti. Patria è quella del più grande presidente patriota della nostra storia, il partigiano Sandro Pertini, che qualche demente ha recentemente osato comparare proprio a Berlusconi. Nella prospettiva internazionale Patria Grande è quella che i liberatori dell’America Latina, da Bolivar in poi, hanno progettato come nuovo grande progetto di unione continentale al di là delle frontiere nazionali, che rivive oggi nei progetti di integrazione regionale, dall’Alba, di cui in questi giorni si celebra il quattordicesimo anniversario alla Celac. E, per riprendere un famoso slogan di José Martì, Patria è, anche e soprattutto, umanità. Ideale concreto oggi realizzato con coerenza dalle brigate mediche cubane che hanno operato di recente anche in Italia.

Tutto l’opposto, insomma, dell’asfittica, ideologicamente ammuffita e definitivamente screditata prospettiva della destra che invitiamo con molta convinzione a mettere giù le mani dal concetto stesso di patria, che è una cosa seria, un ideale di coesione sociale e di benessere collettivo che, per essere attuato, richiede l’abolizione totale del presente perverso ordine delle cose e l’instaurazione di un nuovo ordine a tutti i livelli.

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