C’era una volta la Rete Nazionale dei Registri Tumori che una associazione scientifica, Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), aveva costruito avvalendosi delle sole risorse ordinarie presenti nel Servizio sanitario nazionale. Passo dopo passo, a partire dai lontani anni 70, è stata raggiunta la copertura quasi dell’intero territorio nazionale, con la costruzione di una Banca Dati di alta qualità consultabile da tutti via web, tanto da consentire ai Registri italiani, variamente dislocati in Asl o in Centri di Ricerca, l’ingresso nel Cancer Incidence in Five Continents, il rapporto periodo della Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) della Oms che fornisce un quadro dei cambiamenti dell’andamento del cancro a livello mondiale. Una storia “eroica”, un intreccio di passione e competenza.

Ovviamente un impegno del genere non poteva alla lunga reggersi sulla buona volontà di una piccola associazione scientifica autofinanziata e che ha isolato ogni conflitto d’interesse. L’istituzionalizzazione di questa rete non poteva quindi che rappresentare l’approdo finale, anche perché la cosiddetta Legge sulla Privacy (Dlgs 30 giugno 2003, n. 196 e smi) rendeva sempre più difficile ai Registri acquisire le informazioni d’interesse che sarebbero potute essere d’immediata disponibilità, mentre invece il loro recupero materiale, sempre a più alto rischio d’incompletezza, finiva per assorbire ormai la maggior parte del tempo e delle risorse accordate.

Sappiamo tutti quanto siano di fatto ignorati “i buchi” della privacy, soprattutto per l’utilizzo commerciale dei nostri dati. Come consumatori che ci esponiamo individualmente nei pagamenti on-line e nelle più banali ricerche sulla rete web siamo mappati, tipizzati, monitorati e raggiunti da offerte di mercato personalizzate più o meno mimetizzate. Quando invece gli stessi dati sono finalizzati alla ricerca scientifica ed alla sanità pubblica scatta la “tolleranza zero”, per quanto mai dalla Banca Dati Airtum, per altro resa rigorosamente anonima alla fine del suo articolato percorso di costruzione, sia sfuggito alcun dato individuale. Quale altra organizzazione o istituzione potrebbe vantare lo stesso primato?

Ricordiamo che un Registro Tumori costituisce il prodotto di una complessa attività scientifica che raccogliendo e analizzando tutte le informazioni cliniche di ogni singolo caso di tumore, certo o presunto per sede, epoca d’insorgenza ed istologia, ricostruisce con precisione il gettito annuo dei nuovi veri casi per ogni tipo di tumore che insorge in una specifica popolazione e che esprime il rischio di ammalare di chi ne fa parte. E’ la cosiddetta incidenza dei tumori.

Tante sarebbero le domande alle quali si potrebbe e si dovrebbe rispondere, rapidamente e su grande scala, grazie all’informazione sull’incidenza. Alcuni esempi. Quanti e quali casi di tumore possono essere attribuibili a fonti inquinanti in un determinato territorio? Cosa emerge confrontando aree diverse tra loro sotto alcuni profili? Quanti e quali tumori sono attribuibili a specifiche attività lavorative? Quali sono quelli che in concreto si sono rivelati i migliori percorsi diagnostico-terapeutici? Si possono individuare nel Servizio sanitario nazionale casi certi o sospetti di inappropriatezza e magari in futuro prevenirli introducendo specifiche correzioni? I pazienti che vengono curati in piccoli ospedali ne escono come gli altri trattati in grandi ospedali a parità di malattia? Emergono disuguaglianze sociali nella sopravvivenza? A parità di percorsi diagnostico-terapeutici la spesa sanitaria è la stessa? E molto altro ancora che può riguardare anche la ricerca clinica.

Diceva Einstein: “Due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana. E non sono così sicuro per quanto riguarda l’universo”. Ma come è andata a finire?

E’ arrivata la legge istitutiva per i Registri Tumori (Legge 22 marzo 2019, n. 29 – Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione) che però prevede tutto a risorse invariate, riconduce la Banca Dati al Ministero della Salute e non cita neppure l’Airtum. A distanza di oltre due anni, nessuna attuazione della Legge, mentre la Banca Dati Airtum non più aggiornata è stata di fatto abbandonata. In definitiva, la Rete Nazionale dei Registri Tumori non esiste più ed i singoli Registri Tumori sopravvivono come monadi, precluse ad ogni confronto, indifferenti all’omogeneità delle procedure, in affanno di risorse e boicottate dai burosauri della privacy.

Il primo danno più evidente a livello generale si riverbera sullo Studio Sentieri, un progetto ideato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), e sviluppato poi proprio in collaborazione con Airtum, per il monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni nel cui territorio di residenza sono stati identificati i 44 siti contaminati d’interesse nazionale per le bonifiche: Marghera, Taranto, Mantova, Brescia, solo per richiamare i più noti. Un grande progetto, che ha dato i suoi frutti attraverso rapporti periodici tradotti in pubblicazioni scientifiche, fino ad ottenere un importante riconoscimento, per originalità di approccio e metodologia adottati, dalla stessa Oms.

Ebbene, il prossimo report di aggiornamento Sentieri previsto nel 2022 si avvarrà soltanto delle informazioni fornite dalla mortalità e dalla ospedalizzazione. Il dato sull’incidenza dei tumori in quei territori esce in silenzio di scena, ma abbiamo fatto la legge….

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Covid, il caso dei ventilatori “inadeguati” acquistati da Arcuri. La Regione Piemonte li utilizzerà per pazienti non gravi

next
Articolo Successivo

Covid, in Alto Adige è emergenza posti letto in ospedale: sospesi gli interventi non urgenti. Il dg dell’Asl: “Ogni letto Covid manca altrove”

next