Quest’anno, l’8 novembre, ricorrono i cinque anni dalla scomparsa di Umberto Veronesi, eccellente scienziato, grande medico e uomo. Io non ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, ma lo incontro quotidianamente nella mia lotta a favore delle donne affette dal tumore al seno.

Prima che le sue ricerche venissero pubblicate, le donne venivano sottoposte ad interventi chirurgici molto radicali, con ampie e aggressive asportazioni mammarie, che determinavano mutilazioni permanenti e a volte impossibili anche da ricostruire. Il professor Veronesi ha dato un impulso determinante allo sviluppo della chirurgia oncologica conservativa del tumore al seno, dimostrando che per i tumori di piccole dimensioni non vi era necessità di asportare tutta la ghiandola mammaria ma ci si poteva limitare ad asportarne solo un quadrante.

È grazie al suo studio pionieristico, pubblicato nel 1981 sul New England Journal of Medicine e ripreso in prima pagina dal New York Times, che l’intervento di quadrantectomia risparmia oggi milioni di donne da non necessarie mutilazioni del seno.

L’evoluzione della terapia oncologica, dalla definizione della massima terapia tollerabile alla ricerca della minima terapia efficace, ha portato poi anche all’introduzione della biopsia del linfonodo sentinella, che oggi evita inutili dissezioni ascellari e previene le indelebili stigmate del linfedema del braccio.

Oggi, le tecniche innovative introdotte da Umberto Veronesi e l’evoluzione della chirurgia plastica ricostruttiva si fondono nella chirurgia oncoplastica della mammella grazie alla quale nello stesso intervento chirurgico è possibile rimuovere la neoplasia ed effettuare un rimodellamento estetico del seno, evitando alterazioni di forma, retrazioni cutanee e deformità dell’areola.

Il valore aggiunto e l’importanza della chirurgia plastica ricostruttiva si esprime nel mio sforzo continuo di nascondere o ridurre al minimo qualsiasi traccia dell’intervento oncologico in ogni singola paziente, perché ritengo sia forse più facile togliere un tumore dal corpo che rimuoverlo dalla mente. La malattia tumorale non è solo un’esperienza fisica, ma anche psicologica, emotiva e relazionale che coinvolge corpo e mente.

La cura delle donne con tumore al seno e di tutti i pazienti oncologici non può e non deve essere mai finalizzata solo al gesto chirurgico ma ad un aiuto e impegno empatico totale verso il paziente, il quale affida al proprio chirurgo non solo la sua vita, ma anche le sue paure e le incertezze sul suo futuro. Le persone si curano con l’aiuto dell’amore, con le parole, con un sorriso e la pazienza dell’ascolto, perché siamo fatti di corpo e anima, ugualmente importanti.

Questa è l’eredità che ci ha lasciato Umberto Veronesi, ed è questo il modo con cui curo tutte le mie pazienti.

Articolo Precedente

Pfizer presenta il suo candidato farmaco contro il Covid: “La pillola Paxlovid riduce il rischio di ricovero o morte dell’89%”

next
Articolo Successivo

Covid, così nel marzo 2020 si scoprì che un farmaco per la cura dell’artrite reumatoide era efficace. Il medico: “Ma le malattie virali si debellano con i vaccini”

next