In queste settimane il mondo parla di Dubai Expo 2020, rinviata di un anno a causa della pandemia e inaugurata il 1° ottobre. Per l’occasione, gli Emirati Arabi Uniti hanno cercato di mostrarsi ancora più moderni e scintillanti e, per ottenere questo risultato, hanno dovuto sistemare un po’ di cose.

Ad esempio, la notte tra il 24 e il 25 giugno, la polizia di Abu Dhabi ha fatto irruzione nelle abitazioni di centinaia di lavoratori migranti. Hanno rimproverato i pochi asiatici presenti perché dormivano insieme agli africani, hanno selezionato questi ultimi e li hanno portati, 375 in tutto, alla prigione al-Wathba. Durante quasi due mesi di detenzione, gli arrestati sono stati tenuti in isolamento in celle dov’erano stipate fino a 60 persone, sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e sono stati derubati di tutti gli effetti personali. Per otto settimane i loro familiari non hanno avuto alcuna informazione sulla loro sorte.

Poi, senza neanche la parvenza di una procedura giudiziaria, sono stati espulsi in massa. In una dichiarazione ufficiale diffusa il 3 settembre, le autorità emiratine hanno parlato di una “azione di contrasto al traffico di esseri umani e alle reti della prostituzione”, invitando gli organi d’informazione ad attenersi alle dichiarazioni ufficiali.

Amnesty International ha parlato con 18 degli espulsi (otto donne e dieci uomini), tutti in regola col permesso di soggiorno tranne uno, cui era appena scaduto. Grazie alle loro testimonianze ha prodotto un documento, pubblicato alla fine di ottobre.

Kabirat era un’assistente scolastica e aveva appena ottenuto il permesso di soggiorno. Keanfe lavorava in un ristorante, come supervisore. Abigal era incinta di tre mesi e in prigione non ha ottenuto le minime cure mediche. Non esattamente trafficanti o prostitute.

Tutte le persone intervistate hanno riferito di aver subito insulti razzisti e le donne aggressioni sessuali. Per procedere alle espulsioni di massa, attraverso voli internazionali verso gli stati di origine, le autorità sanitarie degli Emirati hanno prodotto dei certificati di negatività al Covid-19 attraverso tamponi mai eseguiti. Amnesty International ha esaminato tre di questi certificati, scritti su carta intestata della Direzione generale della polizia senza alcuna firma di un dottore.

Undici dei camerunensi espulsi sono stati rimandati nelle regioni anglofone del loro stato, dove da anni infuria un violento conflitto tra gruppi separatisti e forze di sicurezza.

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