Previsioni rispettate a Torino: vince il candidato del centrosinistra Stefano Lo Russo con 169mila voti (il 59%), quasi 30mila in più rispetto al primo turno (erano 29mila quelli della candidata M5S arrivata terza), e 30mila circa in meno di Chiara Appendino al ballottaggio di cinque anni fa (lei ne aveva ottenuti 202mila). Complice l’astensionismo generalizzato che anche a Torino ha colpito duro, il neosindaco Lo Russo è stato votato dal 25,5% degli aventi diritto al voto, un torinese su quattro.

Trova una città definita ora imbalsamata, ora dormiente, da tanti in declino, perciò è chiamato a una prova dura che comincerà proprio dal primo atto: la nomina della Giunta. La sua vittoria è figlia anche della marea di voti di preferenza che alcuni candidati dei partiti della sua coalizione hanno portato alla causa comune, facile prevedere che la tentazione dei recordmen di passare all’incasso possa procurargli qualche mal di pancia di troppo. Torino ha tanto bisogno di assessori che sappiano – in armonia col sindaco eletto – governare una città che aspetta progetti e concretezza, attenzione e progresso. Una città che starà a guardare le prime mosse, attendendosi un ceto politico capace, disinteressato e ispirato alla ricerca del bene comune. Tutte qualità che non sempre coincidono col consenso personale raccolto nelle urne, come le scelte di sindaci torinesi del passato hanno insegnato.

Dalle prime mosse si capirà se il neo sindaco intende sboccare il freno anche culturale del centrosinistra locale che tiene la città bloccata da tempo: l’idea che la politica debba porsi come arbitro fra i gli interessi particolari dell’uno o dell’altro, così come si manifestano e con il peso che ogni rivendicazione porta con sé. Proprio questo invece la rende inutile, come attestato dall’astensionismo record. La funzione insostituibile della politica sta nella realizzazione dell’interesse collettivo – quello che supera tutte le istanze parziali ed esclusive – che si forma attraverso la pratica della cittadinanza attiva, quella fatta di proposte, progetti e atteggiamenti che derivano da quella una “linea politica”, in linguaggio attuale “visione”. In campagna elettorale di tutto questo si è sentito una mancanza enorme.

Lo Russo trova un bilancio risanato dalla Appendino, dunque ha la possibilità di cominciare a diminuire tasse locali e tariffe, puntando sul miglioramento del trasporto pubblico, a cominciare dal ricambio dei mezzi più obsoleti e inquinanti. Rispetto alla situazione che aveva lasciato all’ex villaggio olimpico da assessore della Giunta Fassino, trova i locali sgomberati e gli occupanti abusivi risistemati altrove, dunque una situazione di legalità ripristinata. La città si attende che quelle case vengano riparate e assegnate e chi ne ha diritto, così come i tanti alloggi popolari che attendono da troppo tempo la fine dei lavori di manutenzione; a Torino l’assegnazione di una casa popolare riguarda solo il 10% dei richiedenti, il 70% dei quali è concentrato nell’area metropolitana torinese (dato del 2019 dell’Osservatorio Regionale sul bisogno abitativo). Sempre nell’ambito delle povertà e del disagio, nel 2020 le domande per il reddito di cittadinanza sono cresciute del 3,5% (4mila in più) e quelle accolte del 3,8% (2.800 in più). Dunque, riprendendo lo slogan del suo antagonista Damilano, per il neosindaco “C’è da fare” e parecchio.

Torino è anche la città con indicatori relativi all’occupazione davvero allarmanti: a fine 2020 il tasso di disoccupazione si attestava all’8,2%, il 7,2% per gli uomini e il 9,3% per le donne. La fascia 15-29 anni arriva al 20,7% complessivo, il 17,4% per gli uomini e il 25,3% per le donne. Non va meglio per le imprese, come si ricava dal rapporto Giorgio Rota del 2020 curato dalla Fondazione Luigi Einaudi. Nel complesso, tra il 2009 ed il 2019 il numero di imprese nella città metropolitana di Torino è diminuito del 7,4%, passando da 236.942 a 219.513. Che così continua: “Tra le città metropolitane, Torino fa registrare nei primi tre mesi del 2020 la variazione negativa più pesante, pari a -0,77% (nel 2019 era stata -0,6%). […] A livello settoriale, i risultati peggiori hanno riguardato il commercio (-1,7%), l’agricoltura (-1,6%) e l’industria manifatturiera (-1,2%); il turismo ha confermato il -0,1% di fine 2019, mentre i servizi alla persona (+2,8%) e alle imprese (+1%) hanno continuato a crescere”.

Senza nuove imprese e sviluppo/riconversione di quelle rimaste indietro non c’è progresso e non c’è lavoro. Dunque al sindaco il compito di fare della sua amministrazione un motore che aiuti il sistema industriale a “uscire dalla Fiat” costruendo proposte forti con il sistema dell’alta formazione (da cui Lo Russo proviene), operando negli scenari internazionali, promettendo (e realizzando) un’amministrazione pubblica celere e snella, in grado di accompagnare questo processo. Non si tratta di eliminare controlli e garanzie, ma di dare a tutti tempi certi e modalità di accesso al passo coi tempi e le aspettative.

La popolazione italiana invecchia, quella di Torino – come ci segnala il Rapporto Rota – di più. “[…] Rilanciare politiche a sostegno delle famiglie e servizi efficienti per la prima infanzia sarebbe importante per stimolare una ripresa delle nascite. Viceversa, negli ultimi anni in Italia si è assistito a una lieve diminuzione del numero di posti nei servizi per i bimbi da 0 a 2 anni con una media nazionale di 25 posti nei nidi ogni 100 bambini (dati 2017, obiettivo europeo 33 posti). […] in quasi tutte le città metropolitane del Nord tale obiettivo è stato raggiunto o superato: Bologna (43%), Trieste (39%), Firenze (38%), Milano (36%), Roma (35%), Genova (33%); fanno eccezione Torino (30%) e Venezia (28%)”. Analogamente per quanto riguarda la spesa: per i servizi 0-2 anni, si va dai 2717 € per abitante ai 1050 € di Torino, penultima nel Nord.

Servizi che arrancano, povertà che cresce, industria in affanno e distanza eccessiva fra politica, governo della città e aspettative di una buona qualità della vita da parte dei tanti torinesi stremati da questi anni difficili. Il sindaco appare debole, ma sovente è dalle debolezze del judoka che nascono le mosse risolutive che trasformano la forza dell’avversario in occasione per metterlo al tappeto. Speruma bin!

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Elezioni 2021: Meloni ha davvero belle teorie ma l’astensionismo non è colpa della sinistra

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