L’attuale primo ministro populista della Repubblica Ceca, Andrej Babiš, ha perso le elezioni legislative. Con un sorpasso a sorpresa, le opposizioni hanno ottenuto più della metà dei 200 seggi della camera bassa del parlamento, mentre i partiti a sostegno del premier uscente non hanno superato la soglia di sbarramento. Per la prima volta dal 2011, dopo il voto di due giorni, di ieri e venerdì, il miliardario 67enne potrebbe non essere nel nuovo governo.

L’affluenza è stata di circa il 65% e ha premiato Spolu (Insieme), coalizione europeista di centrodestra, formata da tre partiti. Con il 27,8%, potrà esprimere il primo ministro e ha già chiesto al presidente Milos Zeman di incaricare il suo leader Petr Fiala, ex professore universitario di 57 anni, molto diverso dal profilo di Babiš. Sono stati buoni anche i risultati della coalizione liberale di centrosinistra del partito Pirata e del gruppo di sindaci, Stan, che ha ottenuto il 15,6%. I suoi 27 seggi, sommati ai 71 di Spolu, rendono salda la possibile maggioranza – confermata in un memorandum ieri sera – del prossimo governo. Il loro scopo dichiarato, anche durante la campagna, era infatti estromettere l’ex premier. Ano (Sì), la formazione di Babiš, è indietro solo di poco ed è stato il singolo partito più votato, ma il suo 27,1% non è sufficiente per governare da solo. I socialdemocratici e i comunisti – suoi alleati nell’ultimo esecutivo – non sono riusciti a entrare in parlamento (per il partito comunista è la prima volta dal dopoguerra) e Zeman – nonostante i suoi rapporti personali con il miliardario – sembra intenzionato ad affidargli nuovamente la carica. Potrà dare comunque del filo da torcere dall’opposizione: avrà infatti 72 seggi, 6 in meno rispetto al 2017, ma comunque uno in più della coalizione rivale, per un premio del sistema elettorale ceco.

Parte dell’opinione pubblica – secondo il Guardian – ha festeggiato i risultati elettorali come l’ennesimo segno dell’arrancare del populismo e di un’avvicinamento del Paese all’Unione Europea, nonostante le tensioni degli ultimi giorni, dopo la richiesta di 12 Stati membri – tra cui Praga – di fondi per costruire muri anti migrazioni ai confini. In campagna elettorale Babiš si è scagliato in modo allarmista proprio contro Bruxelles e il pericolo rappresentato dai migranti. Aveva persino portato il premier ungherese Viktor Orbán – noto per le sue posizioni di estrema destra – ad alcuni comizi ad Usti nad Labem, una città del nord dove l’ex premier è deputato in un collegio elettorale. Oltre al suo euroscetticismo, il primo ministro era stato criticato per aver alzato il debito pubblico e per la sua gestione discutibile della pandemia di Covid 19: nello Stato sono più 30 mila le vittime del virus, uno dei numeri più alti d’Europa in relazione alla popolazione. Babiš è stato però al centro anche di numerosi scandali e indagini giudiziarie: prima con l’accusa di conflitto d’interesse, per aver dirottato dei fondi europei in Agrofert, un gigantesco conglomerato agricolo-industriale di sua proprietà. Nelle ultime settimane per le rivelazioni dei Pandora Papers.

Nonostante tutto, Zeman, 77 anni, si era più volte schierato pubblicamente con l’ex premier, definendo gli altri gruppi come “autori di frodi” sull’elettorato. Da tempo però il presidente non è considerato molto lucido, a causa delle sue cattive condizioni di salute: soffre infatti di diabete ed è in sedia a rotelle a causa di una patologia del sistema nervoso. Nelle ultime ore è stato anche ricoverato in terapia intensiva, in un ospedale militare di Praga, per problemi cardiaci. Prima però ha avuto un colloquio di 45 minuti con l’ex premier. Si vedrà quando e cosa deciderà per l’esecutivo, ora che anche Babiš ha ammesso la sconfitta: “Vedremo cosa dirà il presidente”.

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