“Salvini era il mio amore, ma mi sa che voterò per la Meloni”. Per sua fortuna il leader della Lega era fuori Milano, perché ieri pomeriggio la classica passeggiata del sabato in Duomo gli sarebbe costata parecchi dispiaceri. Per chiudere la campagna elettorale ha scelto la periferia, Matteo Salvini, quella romana di Tor Bella Monaca. Ma a intervenire sono poche centinaia di persone. E mentre lui fatica a riempire le periferie, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni si accomoda nel salotto di Milano vantandosi del risultato. “Me l’avessero detto qualche anno fa che avremmo riempito così Piazza Duomo, obiettivamente avrei avuto qualche difficoltà a crederci”, esordisce dal palco. Di obiettivo c’è poco, perché sempre di qualche centinaio di persone parliamo. Sedie distanziate, i soliti bandieroni, e tuttavia più che sufficienti per il necessario colpo d’occhio. Ma non è questo il punto. Perché Giorgia Meloni non si accontenta della foto ricordo sotto la Madonnina, e porta a casa anche nuovi elettori, quelli di Salvini. Il comizio, è il caso di ricordarlo, è in favore del candidato sindaco di centrodestra a Milano, Luca Bernardo. Anzi, è lui il primo a parlare, ma con scarsi risultati e minori applausi. Le amministrative rimangono sullo sfondo, sul palco la scritta dice: “L’Italia del riscatto”. L’attesa è tutta per lei e lei ormai non è più “la Meloni”, ma è diventata “Giorgia”, un traguardo che per anni nel centrodestra era appartenuto a Silvio (Berlusconi) e a Matteo (Salvini). I tempi cambiano e così fanno gli elettori. Tanti quelli presenti che si dicono delusi dalla Lega di Salvini, dalla scelta di stare prima al governo col Movimento 5 stelle e con Draghi poi. “Non regalo Draghi a Pd e 5 stelle”, ribatte il leader da Tor Bella Monaca, quasi gli fischiassero le orecchie. Ma intanto il gatto non c’è e in Lombardia a ballare sono quelli di Fratelli d’Italia. Che rubano voti anche a Varese dove per la prima volta sono presenti con una loro lista. “Sono di Varese, sì, e votavo Lega. Ma adesso mi convince più la sua coerenza”, spiega una signora che annuisce mentre ascolta l’accento romano della Meloni. Per alcuni è addirittura l’ultima spiaggia: “Salvini mi ha deluso, il voto adesso lo darà a Fratelli d’Italia e se mi deludono anche loro non voto più”, confessa un uomo che litiga bonariamente con la moglie, leghista di ferro. Eppure anche a lei piace Giorgia Meloni, e la vorrebbe a Palazzo Chigi o addirittura al Quirinale. La solidarietà tra donne è un ingrediente non secondario, il resto lo fa l’opposizione al governo. “Coerenza”, la chiamano, parola chiave sopra e sotto il palco che fa breccia nei cuori di tanti leghisti, stufi di aspettare che Salvini si tiri fuori da un pasticcio “in cui si è messo da solo”, spiegano in molti. E se l’ala governista della Lega allunga la vita a Draghi, il partito perde pezzi che l’amica Giorgia è pronta a raccogliere. Il leghista e ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti butta acqua sul fuoco, e nelle ultime ore ha ribadito che il tentativo di dividere la Lega andrà a vuoto. Sulle separazioni in casa staremo a vedere, ma sulle difficoltà nel partito i dubbi sono pochi. Tanto che ieri in piazza Duomo anche i semplici curiosi erano convinti che ormai il leader del centrodestra sia Giorgia Meloni. Per lei appena il fastidio del corteo ‘no Green Pass’, tenuto lontano dalla polizia non senza qualche tensione e infine fatto transitare in piazza Duomo a comizio terminato. “Venduti, siamo noi i veri fasci”, si sgola uno dei manifestanti all’indirizzo di chi regge in mano le bandiere di Fratelli d’Italia. E tra un vaffa al governo e uno a Draghi, ce n’è pure una manciata per la Meloni.

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