Ita, la “nuova Alitalia”, litiga con la vecchia Alitalia per la valutazione del marchio della compagnia: 290 milioni di euro. Curioso visto che Ita è una società dello Stato che deve dare dei soldi ad un’alra società dello Stato. A pagare e incassare alla fine siamo noi insomma. Tutta l’operazione è stata messa in piedi per soddisfare Bruxelles che per l’ennesimo salvataggio della compagnia ha chiesto “discontinuità”. Secondo Alitalia il valore del marchio è corretto e frutto di una perizia indipendente. Il numero uno di Ita Alfredo Altavilla replica che la cifra “ci ha sorpresi, il valore è irrealistico. Se una compagnia in 11 anni ha generato 3,5 miliardi di perdite operative, mi sembra una valutazione non realistica e noi dobbiamo stare sul mercato”. Il manager ha aggiunto che che è stato convocato “un Cda straordinario per venerdì per esaminare la questione” e quindi decidere se partecipare o meno alla gara per il brand Alitalia.

Intanto i lavoratori di Alitalia scendono nuovamente in piazza a Roma e a Fiumicino per protestare contro il piano industriale della nuova compagnia che prevede, tra l’altro, assunzioni a chiamate e senza contratto collettivo. Ieri sul punto si era consumata la rottura tra Ita (che partirà con 2.800 dipendenti) e i sindacati. Sempre ieri il governo non ha fornito risposte alle organizzazioni dei lavoratori in merito alla richiesta di estendere il periodo di cassa integrazione per i dipendenti Alitalia che non verranno ricollocati nella nuova compagnia.

E la politica batte un colpo: i capigruppo in commissione Lavoro Senato di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali parlando di “quadro sia piuttosto preoccupante” e chiedono “alcuni passaggi non più rinviabili”. Fin quando “non verranno fornite ampie garanzie da parte dell’azienda sul rispetto dell’art. 203 del Decreto Rilancio, che impone l’adozione di trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto collettivo nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, si chiede formalmente la sospensione di tutte le procedure di assunzione da parte di Ita e un’informativa urgente resa al Parlamento da parte dei ministri interessati. Si ritiene, infine, indispensabile l’istituzione di un tavolo tra governo e parti sociali, che possa accompagnare l’avvio dell’attività di Ita in totale trasparenza e nel rispetto dei diritti dei lavoratori”. Qualche parola di chiarimento dovrebbe arrivare il prossimo 5 ottobre, data in cui è in programma un0 informativa al Senato del ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco.

Tra le poche certezze la data del passaggio di consegne. Su questo Altavilla non ha dubbi, “Ita deve partire il 15 ottobre per il semplice motivo che Alitalia dal 15 ottobre non vola più, quindi non ci sono dubbi, alternative, scusanti. Bisogna far di tutto per partire il 15 ottobre”, dice, confermando che da oggi sono partite le assunzioni, fatte “in base ai curriculum, al merito e alle esperienze“. Altavilla ha aggiunto che “le retribuzioni dei dipendenti Ita sono perfettamente allineate, in alcuni casi anche superiori, a quelli della media degli altri full service carrier”. I sindacati sostengono però il contrario. Le buste paga sarebbero fino al 40% al di sotto del contratto di settore di Alitalia. Sul rapporto con i sindacati, Altavilla lascia aperta la porta per un nuovo confronto. “Malgrado l’applicazione del regolamento aziendale, ci siamo impegnati per iscritto a continuare a tenere informati i sindacati e le associazioni professionali dell’andamento delle operazioni e della società perché crediamo fermamente che nel prosieguo dell’attività di Ita ci dovrà essere una occasione per rimettersi al tavolo e cercare di superare le decisioni prese ieri”, spiega il presidente di Ita. La Filt Cigl gli risponde che i sindacati “non vogliono essere informati, ma vogliono condividere un percorso, cosa un po’ diversa”.

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