Uno degli obiettivi dell’economia circolare è quello di ridurre in modo significativo i rifiuti e i processi inquinanti e di conseguenza impone alle aziende la responsabilità su scarti ed emissioni che stanno rendendo non balneabili i nostri mari, non frequentabili le nostre pinete, e contaminano le nostre terre e la nostra aria.

Io mi chiedo dove sia la responsabilità di alcune delle società dell’energia che in questi anni hanno fatto di tutto per fare lobbying su Parlamento e governo per estrarre petrolio in Basilicata, nei nostri mari e trivellando dove potevano. Società che hanno fatto di tutto per difendere e remunerare la produzione di energia fossile, cosa che il renzismo ha permesso senza colpo ferire. Queste scelte di politica energetica hanno evidentemente rallentato il percorso di decarbonizzazione ed è in buona parte a questo che va attribuito l’andamento negativo dei costi energetici del nostro Paese. Ora gli aumenti del 40% delle bollette degli italiani li dovrebbe pagare tutti Renzi.

Se cerchiamo le responsabilità politiche le troviamo con molta facilità scoprendo chi ha frenato l’espansione del fotovoltaico in Italia – con i governi di destra che hanno ostacolato le politiche di incentivo alle rinnovabili mandando sul lastrico tante nuove imprese, anche ad alta tecnologia – e chi ha difeso l’industria del fossile.

Il fotovoltaico è tornato a galoppare con il M5S al governo. Secondo il Rapporto statistico del Gestore dei Servizi Energetici (GSE) sul solare fotovolatico, in tutto il 2018, primo anno del governo Conte 1, sono stati registrati 48000 impianti nuovi, arrivando ad una potenza complessiva di circa 22.654 Gigawatt (Gw) e aumentando del 9,8% rispetto al 2017 la potenza installata.

Nel 2019 per la prima volta in Europa l’eolico e il fotovoltaico insieme hanno prodotto più energia elettrica del carbone, crollato invece del 24% rispetto al 2018.

Se prima del 2018 i governi avessero fatto di più oggi non avremmo questi rincari perché, come ha affermato il vicepresidente esecutivo della Commissione Europea e responsabile del Green deal, Timmermans, “i prezzi delle rinnovabili sono rimasti bassi e stabili” e ciò deve essere uno stimolo ad “accelerare” verso la transizione ecologica, una sfida che si vince solo sul doppio binario di salvare il pianeta, la casa di tutti e salvare i più deboli.

E’ in questo quadro che il governo deve considerare intollerabile i 19 miliardi di sussidi dannosi verso l’ambiente che ancora vengono distribuiti dal nostro sistema fiscale alle aziende inquinanti, che stanno danneggiando tutto il resto del sistema imprenditoriale italiano e che possono essere utilizzati per azzerare gli aumenti dei prezzi per le bollette.

E’ evidente che chi ha continuato a perseguire comportamenti scellerati e colpevoli nella produzione di CO2 alterando tutti gli equilibri della biosfera, del territorio e del clima in cui siamo immersi non può certo nascondersi dietro la mancanza di consapevolezza. La fragilità del nostro pianeta – nei cui confronti ogni aggressione rappresenta un vero e proprio reato contro l’umanità – è nota a partire dal 1972, con il primo volume scientifico intitolato I limiti dello sviluppo, nel quale i ricercatori del MIT hanno riportato i dati dell’aggressione della natura da parte del nostro sistema economico di produzione e consumo.

Se vogliamo dare qualche attenuante non possiamo andare oltre il 1992, quando, a livello globale, tutti gli attori economici e politici erano ben consci del disastro, visto che l’Onu era arrivata ad approvare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che diventerà il principale trattato internazionale in materia di lotta contro i cambiamenti climatici per impedire le pericolose influenze sul sistema climatico mondiale.

E’ evidente quindi che gli uomini più ricchi del mondo, le imprese miliardarie hanno contratto un debito imponente. Hanno preso ed estratto dal pianeta bene e risorse di tutti, intaccando quel “Capitale Naturale” che costituisce il patrimonio vitale dell’intera umanità e attribuendone il costo colossale alle future generazioni. In pratica stanno sottraendo aria, mare pulito, boschi ai nostri figli e ai nostri nipoti, gonfiando ogni giorno di più il nostro debito con il pianeta.

Tutti noi cittadini vediamo un degrado quotidiano delle spiagge e dei parchi che frequentiamo, tutti noi che anno dopo anno, patiamo sempre di più il caldo d’estate e rischiamo la vita di inverno tra allerte meteo, cornicioni che si staccano dai balconi o alberi che si spezzano. Tutti noi siamo sempre più consapevoli della necessità di cambiare il nostro modello di sviluppo ma, prima di tutto, i costi di questa transizione, di questo debito con la natura devono pagarlo le imprese miliardarie che l’hanno generato per non farlo ricadere interamente tutto sui più deboli, sui nostri figli e su tutta la comunità, e devono farlo prima che il pianeta vada in bancarotta.

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