“È possibile che se il fulmine m’è arrivato tra capo e collo una volta mi colpisca nuovamente, ma rimanere a casa per evitare e scongiurare quest’ipotesi significherebbe smettere di vivere, quindi no, io la vita me la prendo…”

Alex Zanardi descriveva così la sua essenza davanti ad alcuni ragazzi di una scuola, una delle tantissime che ha visitato per raccontare la sua storia, per dare l’esempio. Il primo fulmine cui si riferisce risale proprio a 20 anni fa, era il 15 settembre 2001 quando durante una gara del campionato Champ Car al Lausitzring, in Germania, Alex perse il controllo della sua auto, centrata da un’altra che sopraggiungeva ad altissima velocità. L’impatto fu tremendo, è impressionante rivederlo quanto incredibile sapere che quel fulmine non lo uccise.

L’amputazione di entrambi gli arti inferiori, 16 operazioni chirurgiche e 7 arresti cardiaci non fermarono la corsa di Alex Zanardi, anzi, diedero il la alla sua seconda carriera. Ancora da pilota per alcuni anni, ma soprattutto quella da paraciclista. Con la sua handbike ha vinto tanto, 4 ori in due edizioni delle Paralimpiadi (Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016), 18 medaglie mondiali e innumerevoli altre gare cui prendeva parte sempre per vincere ma anche per sottolineare con la sua presenza la vicinanza a un movimento, quello degli sport paralimpici, che ha indubbiamente contribuito a innovare e far crescere in popolarità.

Doveva e voleva esserci sempre Alex, e proprio questa generosità lo ha portato a prendere parte il 19 giugno del 2020 a una gara di beneficenza. Doveva essere una passerella gioiosa, poi la sbandata e l’impatto con un camion. Il secondo fulmine che temeva ha colpito in una giornata di sole, e la lotta per la vita che ha condotto nelle ore successive all’incidente ci hanno rivelato quanto ampio fosse l’affetto, permettetemi, l’amore per quest’uomo dal sorriso travolgente, dagli occhi vivi e pungenti con il dono di saper sdrammatizzare ogni cosa con una battuta. È questo ci tiene oggi ad allungare l’orecchio a ogni bisbiglio sulle sue condizioni, una speranza dopo l’altra, ce lo ha insegnato lui, ogni giorno.

Alex Zanardi non è solo un atleta, per questo alle immagini delle imprese sportive seguiva sempre un concetto profondo, una intervista delle sue, un libro. Abbiamo modo di attendere il suo ritorno conoscendolo ancora meglio di quanto pensiamo. Dal 15 settembre 2001 al 20 giugno 2020 lo abbiamo visto cadere, rialzarsi, reinventarsi, diventare campione, campionissimo e comunicatore potente. Il paradosso di quest’ultimo anno è anche questo silenzio, rispettoso ma che ci angoscia. Riempiamolo con i suoi messaggi sparsi ovunque in questi 20 anni. Canalizziamoli tutti in un grande abbraccio che torni al mittente, che lo raggiunga e dia forza a lui e ai suoi familiari nell’affrontare quest’ennesima prova. Proviamo a restituirgli parte di tutto ciò che ci ha trasmesso, è il minimo che gli dobbiamo. Basta fulmini, attendiamo un lampo nel buio.

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