Ero diventata una donna, ma non sapevo ancora chi sarebbe stato l’uomo che mi avrebbe fatto fremere di piacere, come la ragazza della cassetta… Era lei sotto di lui, o lui sotto di lei? Dopo tutto, forse era lui sotto di lei, forse lei lo accarezzava e lo picchiava tenendo in mano il suo uccello che lui le concedeva soltanto in prestito, un prestito dolce, piacevole, in piccole, deliziose dosi, fino all’orgasmo finale.

Donna proibita, di Ali al-Muqri (traduzione e postfazione di Federica Pistono; Atmosphere Libri), è un ritratto coraggioso, sobrio e senza fronzoli della condizione femminile nello Yemen contemporaneo. È una storia di ingiustizia e discriminazione che vede protagoniste due sorelle che percorrono strade diverse alla ricerca dell’appagamento fisico e mentale e troveranno cupe destinazioni finali (un po’ come Nicolàs e Santiago, protagonisti de La danza immobile di Manuel Scorza, traditi irrimediabilmente dal proprio destino).

È un romanzo sociologico, un affresco psicologico di due donne che fin dall’adolescenza sognano viscerali avventure erotiche. È l’affermazione del sesso sull’amore, unico reale obiettivo da raggiungere in un’esistenza in cui la donna spesso può scegliere soltanto tra la sottomissione o l’esclusione.

Che cosa otteniamo dalla donna quando le consentiamo di proseguire gli studi oltre la scuola primaria, fino all’istruzione secondaria e universitaria? Non le basta studiare fino alla quarta elementare, quando giunge all’età di nove anni? Quella è l’età in cui è permesso a una ragazza di sposarsi, sull’esempio del Profeta – pace e benedizione a lui – che ha sposato ‘Aisha quando lei aveva nove anni.

In una società sempre più succube del fanatismo wahabita (seppur con buona lena l’aviazione saudita bombardi da anni lo Yemen), dove il baltu (la tunica nera) ha sostituito i tradizionali abiti colorati di provenienza tribale, e dove l’ipocrisia dei divieti religiosi d’importazione ha generato un represso delirio sessuale collettivo, le protagoniste del romanzo di Ali al-Muqri si muovono a tentoni nel cercare un’affermazione dei propri desideri. Lula, la sorella maggiore, arriverà a prostituirsi per aiutare la famiglia; la più piccola, la sorella senza nome, seguirà il marito in Afghanistan, aspirerà al martirio durante il jihad e sognerà, davanti all’impotenza del consorte, di essere violentata dai soldati che fermano il convoglio su cui è stata caricata dopo una precipitosa ritirata a seguito dei bombardamenti degli americani.

Domandavo perdono a Dio per i miei pensieri, ma mi sentivo immensamente sfortunata: non mi era toccato neppure lo stupro! Avrei continuato ad aspettare che la mano di un soldato aprisse lo sportello per trascinarmi in un luogo isolato. E se mi avesse violentata sotto gli occhi di tutti? Sarebbe stato uno scandalo… No, dopo tutto, non sarebbe stato uno scandalo. Avrebbe potuto stuprarmi davanti a tutti. Non me ne sarebbe importato niente, giacché si trattava di una violenza perpetuata contro la mia volontà”.

Scritto in modo semplice, immediato e verosimile, Donna proibita è un ottimo romanzo, ben tradotto, che esce dai confini yemeniti per raccontare una storia di globalizzata frustrazione contemporanea.

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