“Vi daremo la caccia e ve la faremo pagare”. La faccia del presidente americano Joe Biden è tirata, in un’espressione che manifesta tristezza, dolore, senso di responsabilità per quelle 13 vite americane e altre decine afghane perse nell’attentato di giovedì all’aeroporto di Kabul. Parla guardando la telecamera, spossato e sofferente come mai lo si è visto dall’inizio del suo mandato, e il suo messaggio ha un destinatario ben preciso: i mandanti dell’attacco, i vertici dello Stato Islamico nella provincia del Khorasan, il braccio afghano dell’organizzazione, che hanno rivendicato l’operazione kamikaze.

Biden, mentre ricorda il figlio Beau, morto a 46 anni per un tumore al cervello diagnosticato poco dopo il rientro da una missione in Iraq, pronuncia anche altre parole che possono cambiare i rapporti futuri tra gli Stati Uniti e i nuovi padroni dell’Afghanistan, i Taliban: “L’America non si farà intimidire. Ho chiesto un piano per colpire Isis-K, la pagheranno“. E poi, a domanda dei giornalisti, puntualizza: “La deadline verrà rispettata, il ritiro si concluderà il 31 agosto”. Può voler dire una sola cosa: l’esercito americano se ne andrà dal Paese, come da accordi con gli Studenti coranici, ma la vendetta può arrivare dal cielo, con i droni armati, o con un’incursione segreta delle forze speciali come quella che portò all’uccisione di Osama bin Laden, nel 2011, nella sua villa di Abbottabad, in Pakistan. “Abbiamo ragione di credere di conoscere gli autori dell’attentato”, ha spiegato. E gli Usa hanno intenzione di andare a prenderli.

Biden si appresta così a chiudere venti anni di intervento americano in Afghanistan con parole molto simili a quelle usate da George W. Bush per inaugurarlo, nel 2001. Anche in quel caso le parole furono: “Pagheranno un prezzo”. E il nuovo inquilino della Casa Bianca sembra così inaugurare una stagione di disimpegno sul campo, ma di incursioni: zero rischio, massima resa. Uccidere o catturare i responsabili degli attentati utilizzando i droni, in un’operazione simile a quella che ha portato all’uccisione del comandante delle Forze Quds iraniane, Qasem Soleimani, e negli ultimi anni di altri leader jihadisti in Siria, Iraq e Afghanistan, oppure con un blitz di terra.

Resta da capire, e questo sarà fondamentale per i futuri rapporti con i vertici del nascente Emirato Islamico, che ruolo ricopriranno i Taliban in questa caccia allo Stato Islamico, anche loro nemico sul campo. Nel caso in cui gli Usa decidessero di agire da soli, c’è da scommettere che gli uomini del mullah Hibatullah Akhundzada protesterebbero contro questa nuova ingerenza Usa in territorio afghano, elemento in grado di far fallire qualsiasi tipo di dialogo con i Taliban, come dimostrano questi ultimi anni. È possibile, però, che l’America chieda la collaborazione proprio degli islamisti, ben radicati sul territorio, per dare la caccia alle cellule di Isis e portare a termine la propria vendetta: potrebbe essere anche un primo passo per un dialogo che, in futuro, Usa ed Europa, così come Cina e Russia, dovranno inevitabilmente intrattenere.

Twitter: @GianniRosini

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