L’Italia brucia, l’angoscia è tanta per chi vive attorno alle fiamme, per chi ama il proprio territorio, per chi guarda da lontano. Gli incendi ci sono sempre stati, è vero, ma ora il problema è che non si fermano, sembra che aprano le porte dell’inferno. Possibile che tutto questo sia dovuto solo all’improvvido azzeramento del Corpo Forestale dello Stato voluto dall’incauta pseudo-riforma Renzi-Madia? Ne abbiamo parlato con l’ex Sovrintendente capo della Forestale, Ezio Di Cintio, libero di parlare di tutto quello che vuole ora che è andato in pensione – “sa, noi ora siamo militari, non abbiamo diritti sindacali e dobbiamo tacere” – il quale non ha dubbi: “non siamo ossessionati dal ritorno al passato, se la riforma, che di sicuro non ha fatto risparmiare soldi allo Stato (il Fattoquotidiano.it lo ha già spiegato), avesse funzionato non staremmo qui a parlarne. Il punto è che non funziona. Prima gli incendi c’erano ma veniva gestiti, ora durano giorni”. Ecco, ci spiega perché?

“L’antincendio boschivo si fonda su 3 pilastri: la prevenzione, la lotta attiva, la repressione. Competenze che prima erano gestite da un unico apparato armonioso e che ora sono state divise e assegnate alla gestione dei Vigili del fuoco e dell’Arma dei carabinieri. Lo spacchettamento e la dispersione delle competenze in amministrazioni diverse, è il ‘male assoluto’, la causa dei fatti di cronaca che caratterizzano le estati a partire dal 2017 (la prima estate senza il Corpo Forestale dello Stato, ndr). Con la riforma i Vigili del Fuoco si occupano di gestione e lotta attiva, i Carabinieri di prevenzione e repressione. Sulla carta sembra un piano conforme alle aspettative di ottimi risultati. Ma nella realtà operativa questa spartizione non funziona. È storicamente impossibile negare gli eventi catastrofici anche prima di quella data ma è altrettanto onesto ammettere che il fenomeno dei “mega incendi” si verifica ormai con sempre maggior frequenza negli ultimi 5 anni, complice l’ormai indiscutibile fenomeno del cambiamento climatico che, però, scientificamente costituisce un fattore predisponente, non una causa”.

Di Cintio è un fiume in piena, di sicuro grandissima professionalità ma anche molto amarezza e frustrazione: gli chiedo perché i Vigili del Fuoco non funzionano: “perché hanno una cultura e una formazione completamente diversa dalla nostra. Loro arrivano e devono mettere in salvo cose, persone, animali, secondo la tecnica dell’intervento rapido per un soccorso rapido. Ma gli incendi boschivi non si frenano così: occorre l’intervento di terra, va bene raffreddare la temperatura con i Canadair ma poi occorre muoversi tra vegetazione, infrastrutture, attività agricole. Bisogna conoscere finanche il vento. Gli incendi boschivi si frenano solo così e per farlo occorre avere una minuziosa conoscenza del territorio dentro il quale avventurarsi per togliere ossigeno alle fiamme”.

Il problema delle speculazioni che innescano gli incendi è un altro vecchio aspetto di questo assurdo ripiegamento dello Stato su sé stesso, dentro un circuito vizioso che sembra una maledizione ma non lo è. Di Cintio dice che gli interessi del profitto sono sempre in agguato ovunque, per diversi motivi: “pascoli, speculazioni edilizie. Certamente si può fare di più: il Testo Unico sugli incendi, la legge 353 del 2000, con la quale ottenemmo l’inasprimento delle pene che scattano anche solo per aver messo in pericolo un territorio, richiede una mappatura delle aree, affidandola alle Regioni.

In teoria per dieci anni un terreno incendiato non può essere toccato: a parte che la mappatura è spesso fatta male con il risultato che il catasto non è affidabile, ma poi cosa vuole che siano dieci anni per uno speculatore del cemento? Niente”. Dunque si potrebbe intervenire anche lì ma il nodo resta la prevenzione. “Senta non lo diciamo solo noi della Ferfa, la Federazione degli ex Forestali: pochi giorni fa, nel corso dell’audizione del processo contro dirigenti della Regione Campania per gli incendi boschivi sul Vesuvio del 2017 è emerso al termine dell’udienza questo, glielo leggo perché è tutto agli atti: ‘non essendo più presente il Corpo Forestale dello Stato a supervisionare le attività di spegnimento, si è assistito ad un rallentamento degli interventi ed al frazionamento della catena di comando, con conseguente perdita di efficacia nella bonifica e nella gestione delle risorse umane e strumentali’. Capisce come intendo? Governo e Parlamento si fermino a riflettere: non andate avanti senza tener conto della nostra esperienza. Altrimenti saremo condannati agli stati di emergenza seriali”. In effetti fin qui una cosa è certa: l’azzeramento del Corpo forestale dello Stato, ci ha fatto solo contare i danni ambientali.

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