Mercoledì 11 agosto 2021. Milano. Ore 15:00 circa. In casa da solo. Attacco acuto di dolore precordiale con intensa sudorazione. Da medico mi preoccupo che possa essere un allarme di accesso acuto cardiaco. Mi sdraio qualche minuto. Sudorazione abbondante. Cerco l’amico cardiologo a cui spiego la situazione. Mi consiglia di recarmi al Pronto Soccorso. L’obnubilamento da medico-paziente aumenta per la umana paura.

Mi reco al Pronto Soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli. Entro circa alle 15:30 da solo, a piedi. Vengo accolto da un infermiere di una gentilezza e preparazione impressionanti. Mi accetta in codice giallo. Esegue un ECG che a lui appare nella norma (non serviva farlo vedere al cardiologo, ne avrà visti centinaia). Ovviamente il cardiologo ha confermato il “referto”. Nel giro di pochi minuti vengo visitato da una dottoressa altrettanto gentile con una giovane infermiera che pareva un angelo. Mi eseguono un prelievo per il controllo degli enzimi dell’infarto, mi somministrano farmaci per abbassare la pressione arteriosa, che per lo stress si è alzata moltissimo e una RX del torace.

Il sospetto, dopo esito degli enzimi che sono normali, è attacco di gastrite acuta. In realtà la mia è stata una sensazione come di trafittura di un grosso coltello. Con un senso di oppressione. La dottoressa mi aveva già messo una flebo con antiacido. In breve tempo il dolore acuto si attenua, certamente per il farmaco ma anche per la tensione che si abbassa. Ma giustamente devo rimanere in osservazione per poi ripetere gli enzimi. Sono in attesa su un lettino in corridoio. Passano le ore e ho la “fortuna” di assistere a un pomeriggio di una Milano deserta nel Ps dell’ospedale più centrale.

La cosa che mi ha colpito di più è stata la gentilezza, l’umanità e la preparazione in particolare del personale infermieristico. Sono certo loro i veri “padroni” delle urgenze. Come sempre ho pensato, nei miei quaranta anni di sala operatoria, di attività ambulatoriale e di reparto: i medici senza gli infermieri non avrebbero possibilità di esistere e di essere. Non ho mai compreso e ho sempre lottato contro i medici che non considerano gli infermieri allo stesso livello. Almeno. Ogni infermiere è l’angelo custode del medico e del paziente.

Passa il tempo e una moltitudine di personaggi passano vicino a me. Diversi giovani politraumatizzati per incidenti stradali, spesso in moto. Bambini con sintomi vari che ai miei occhi non appaiono gravi. Un detenuto con tre guardie carcerarie, e molto altro. Mentre loro, gli angeli, hanno sempre una parola, un sorriso, un occhio aperto. I pazienti vanno e vengono. Loro sono sempre lì ad assistere medici e pazienti.

Sono quasi le 20:00. Mi rifanno il controllo della troponina per sapere se ho avuto, o stavo avendo, un infarto. La pressione nel frattempo è scesa con il farmaco che aveva pensato l’angelo femminile. Il dolore opprimente scomparso. Resta un piccolo dolore senza nessun tipo di irradiazione. Anche il controllo enzimatico a distanza è negativo. Solo la pressione resta alta. Una nuova dottoressa alle 21:39 – è cambiato il turno sicuramente – mi dice che vuole darmi un nuovo farmaco antipertensivo per poi mandarmi a casa. Un altro angelo. Sempre femminile. E mi dà anche un antiacido visto che lo stomaco brucia. Alle 22:30 circa vengo dimesso. Ho toccato la morte con un dito, fortunatamente solo psicologicamente.

Dopo questa “splendida” esperienza mi domando come si possa pensare che le strutture ospedaliere possano non avere un Pronto Soccorso. Lo domando ai politici che hanno svenduto la sanità pubblica ai privati senza controllo e senza obbligare a fare tutto, non solo ciò che permette elevati incassi. Il Pronto Soccorso gestito, organizzato ed efficiente, come io ho potuto constatare di persona, non può e non deve mancare. Mai. Forse gli stessi politici dovrebbero aiutare gli ospedalieri facendo filtrare maggiormente dai medici del territorio gli accessi. O, come dico da anni, bisognerebbe organizzare turni dei medici del territorio negli ospedali zonali per fare il primo filtro di codici verdi. Sintomi, patologie vere al fianco di colleghi esperti.

Certo lo deve fare la Regione per il Titolo V ma il Comune, visto che le prossime elezioni saranno amministrative comunali, può, anzi deve, dire la sua. Una medicina con proposte nuove soprattutto in questo periodo di attacco virale che ha messo a dura prova la sanità, facendo scoprire i tanti punti deboli. Bisogna metterci la faccia, come io faccio da 18 anni, e difendere tutti insieme il nostro sistema sanitario nazionale. Solo l’unione fa la forza. Come medici e infermieri sul campo.

Io torno a casa mentre loro, da splendidi eroi, aiutano ancora i cittadini. Purtroppo ci dimentichiamo presto degli eroi. Come quelli del Covid. La vicenda del caso Zambon docet. I politici insabbiano e non aiutano gli eroi. Grazie di cuore a tutti. Da cittadino, da paziente e da medico.

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