di Giovanni Casciaro

È appena trascorso il 76esimo anniversario dei drammatici eventi a Hiroshima e a Nagasaki, causati dalle bombe atomiche sganciate dall’aviazione statunitense. Fu una catastrofe umanitaria e ambientale, che mise in evidenza l’incredibile capacità distruttiva di queste armi, e fu anche un severo monito, sintetizzato in una affermazione attribuita a Einstein. Alla domanda su quali armi sarebbero potenzialmente utilizzabili nella Terza guerra mondiale, la risposta: “Non lo so, ma posso dirvi cosa useranno nella quarta. Useranno le pietre!” Una convinzione condivisa dagli esperti di armamenti nucleari.

Oggi lo scatenarsi di un conflitto nucleare avrebbe sicuramente conseguenze fatali, data la capacità distruttiva accumulata: 13.400 ordigni, di cui 40 in Italia, sono stoccati negli arsenali delle potenze nucleari e dei loro alleati. E per potenziare ulteriormente il dispositivo nucleare è previsto l’impiego di oltre 2.000 miliardi di dollari. Si possono comprendere e condividere, quindi, le preoccupazioni di autorità laiche e religiose. Il segretario generale Onu Antònio Guterres afferma: “Potremmo dirci al sicuro solo quando non esisteranno più le armi nucleari”. E Papa Francesco: “Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune”.

Il pericolo che si possa verificare un conflitto nucleare, anche solo per errore, è descritto in una storia poco nota. Il 26 settembre 1983 i dispositivi di difesa della allora Unione Sovietica segnalarono un attacco missilistico in atto da parte degli Stati Uniti. Stanislav Petrov, un tenente colonnello sovietico addetto alla sorveglianza, ritenne che vi fosse un errore e non diede l’allarme. Aveva ragione, il sistema era stato ingannato da riflessi di luce sulle nuvole, tuttavia Petrov ricevette un richiamo e perse la promozione a colonnello. Ma con il suo gesto di disobbedienza civile probabilmente evitò una tragedia nucleare.

Per far fronte alla minaccia nucleare, sempre latente, il 7 luglio 2017 l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato con 122 voti a favore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Il trattato è stato ratificato da oltre 50 Paesi, malgrado le forti pressioni a non farlo, ed è stata così soddisfatta la condizione necessaria per la sua entrata in vigore. Fa parte del Diritto Internazionale, vincolante per gli Stati che lo hanno già ratificato e per tutti quelli che lo faranno in seguito. Stabilisce che produzione, test, sviluppo, immagazzinamento, trasferimento e utilizzo delle armi nucleari sono illegali; esse sono da considerarsi armi di distruzione di massa, come lo sono già quelle chimiche e quelle biologiche.

È stato così conseguito, malgrado le pressioni contrarie, un grande obiettivo grazie all’impegno di ICAN, Campagna Internazionale per la messa al bando delle Armi Nucleari, un movimento internazionale formato da centinaia di organizzazioni, premiato nel 2017 con il premio Nobel per la Pace.

Purtroppo però i nove Paesi possessori degli armamenti e i loro alleati, compreso il Giappone, non hanno aderito al trattato. Anche l’Italia non ha firmato, sebbene l’87% degli italiani sia favorevole a farlo e il 74% sia per l’eliminazione dal nostro territorio delle testate nucleari statunitensi attualmente presenti. Per questo motivo continuano le mobilitazioni a favore del trattato, tra cui una importante campagna, “Italia ripensaci”, promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo e da altre associazioni.

Per le organizzazioni della società civile internazionale, la cosiddetta deterrenza nucleare, cioè la dissuasione attraverso la minaccia della reciproca distruzione totale, è un equilibrio del terrore senza alcuna garanzia. “Un mondo senza armi nucleari è un sogno possibile”, con un risparmio di ingenti risorse da utilizzare per far fronte alla crisi sanitaria, ambientale ed economica.

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