Una vita intessuta di parole, con un immenso corteo di immagini. Attraverso questa evocativa definizione, è possibile tentare una prima, difficile, sintesi dell’opera e il vissuto di Roberto Calasso. La comunità di adelphiani, in primo luogo, e l’universo culturale perdono un punto di riferimento importante, essenziale per la capacità di aver creato un circolo esponenziale di lettori affezionato a quei volumi, immediatamente riconoscibili e riconosciuti.

E la riconoscenza è il sentimento che prevale nei confronti di questo editore, illuminato e illuminante, di cui si è scritto e detto molto in queste ore e che permette di portare alla pubblica conoscenza questa figura unica rimasta, sostanzialmente, confinata agli apprezzamenti degli addetti ai lavori, ricercatori di pagine di bellezza o di bellezza nelle pagine. A cominciare dalle copertine inconfondibili per non dire uniche.

Il concetto di unico è ben espresso dallo stesso Calasso in uno scritto, testamentario, presente sul sito della sua casa editrice la cui fondazione possiede la natura e la sostanza di una storia da romanzare con nomi che richiamano moderni miti in linea con quel mito presente in molte pubblicazioni calassiane e non solo.

Nell’epigrafe delle Nozze di Cadmo e Armonia, libro magistrale di Calasso, si legge una mirabile e concisa definizione del mito affidata a Sallustio: “Queste storie non avvennero mai, ma sono sempre”. Ebbene, tale definizione a rileggerla oggi appare quale straordinario significato di tutta la produzione adelphiana con una guida, autorevole e sicura, che ha reso possibile l’impossibile e certo l’improbabile. E’ il senso stesso di una sfida vinta con una prova di resistenza in grado di conquistare il cuore di lettori trasformandoli in fedeli appassionati. Del resto lo stesso Calasso affermava che “il libro unico è quello dove subito si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto”. Unico come il “marchio” di questa fabbrica di lettura.

“Adelphi, come dice già il nome, è un’impresa fondata sull’affinità: affinità fra persone come fra i libri”. Una continua suggestione della memoria è presente in questa affinità che si è talmente estesa da sentirsi parte di un progetto e così, ad ogni acquisto, ci si sente come azionisti di questa formidabile impresa culturale, solidali e coinvolti nelle scelte editoriali che convincono senza la necessità di partecipare a “consigli di amministrazione” poiché di uno come Roberto Calasso, vorremmo ancora dire, ci si fida e ci si affida a priori. E su proprio su questo aspetto si fondano le speranze future degli adelphiani oggi orfani della diligenza di questo autorevole condottiero per la buona navigazione nel mare dei libri, spesso agitato o troppo calmo, e dunque con la necessità di un provvidenziale equilibrio.

E allora per concludere questo breve omaggio, in forma di ricordo, è bene affidarci alle sagge parole dell’uomo che proprio al traguardo degli ottantanni ha lasciato questa terra e questa eredità:
Un buon editore è quello che pubblica circa un decimo dei libri che vorrebbe e forse dovrebbe pubblicare”. Le opere religiose e mitologiche del catalogo Adelphi dovrebbero perciò essere viste come indicazione di un tracciato dove, in ogni direzione, ai libri presenti si accompagnano molti libri virtuali, come ombre amiche. E vorrei aggiungere che un buon editore è anche quello nei cui libri queste ombre amiche vengono naturalmente e irresistibilmente suscitate. Ci fanno cenni da luoghi remoti, da spazi che sono tuttora immensi, in attesa di essere di nuovo evocate, nella forma usuale di pagine da leggere.

Roberto Calasso sarà sempre e per sempre, al pari dei classici, un contemporaneo del futuro.

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