Il dibattito al Senato sul ddl Zan può considerarsi, a tutti gli effetti, un déjà vu della convulsa discussione sulle Unioni Civili di 5 anni fa, quando lo spauracchio della ‘stepchild adoption’, declinato verbalmente nelle più fantasiose versioni (da ‘steppodoccio’ a ‘stepciaild appiscion’ e ‘utero in locazione’), turbò in modo intenso gli animi del centrodestra. Il copione del 2016 si replica anche in questi tre giorni di passione, dove il bubbone maligno centrale è l’ideologia gender (o ‘ghender’, come puntualizza in un empito di purismo british la senatrice della Lega Raffaella Fiormaria Marin), ma anche le varie sessualità (“cangianti, mutevoli o indefinite”, secondo Claudio Barbato di Fratelli d’Italia; “sesso binario, gay, omosessuali, lesbiche”, come afferma Andrea De Bertoldi, sempre di Fratelli d’Italia). Non meno importante, nel ricco impianto accusatorio sostenuto dal centrodestra contro il ddl Zan, è il predominio della “potente lobby Lgbt”, come si può evincere anche dalla “produzione Netflix”, a dire di Massimo Ruspandini di Fratelli d’Italia, impegnato in una complicata session di esercizi acrobatici con la mascherina.

Non possono mancare naturalmente gli “influencer e i teorici che vanno alla moda à la Fedez”, come denuncia, allarmato, il berlusconiano Marco Perosino, il quale, oltre a temere bandiere rosse e derive nord-coreane, paventa con l’eutanasia e col ddl Zan, “a cui sono contrari anche i musulmani”, gli stessi sintomi “della caduta dell’impero Romano”. E, per enfatizzare il pericolo della de-natalità conseguente all’approvazione della legge Zan, ricorre a un gesto con la mano per indicare gli omosessuali, quasi stesse cacciando un demonio in un rito esorcista.

Il primo giorno del confronto a Palazzo Madama è inaugurato dal presidente leghista della Commissione Giustizia, Andrea Ostellari, con l’annuncio di una proposta di mediazione sul testo e con la richiesta di convocazione di una conferenza dei capigruppo. La presidente del Senato Casellati accetta, ma la decisione è contestata dai banchi del centrosinistra, da Franco Mirabelli (Pd) a Pietro Grasso (Liberi e Uguali), il quale, tra le urla e i fischi del centrodestra, ricorda alla presidente del Senato i vari atti di ostracismo attuati da Ostellari e dal suo partito in merito alla legge Zan.

Il 13 luglio è anche la giornata in cui prendono la parola i due Matteo: Renzi non risparmia una scudisciata a Fedez attraverso una facile sineddoche (“gli influencer”) e un’altra ancora (esplicita) al suo vecchio partito: Salvini, appesi al chiodo il rosario e la scacciacani (politica), indossa la kesa di un monaco buddhista aperto alla tolleranza e alla comprensione della causa omosessuale. Peccato, però, che confonda il termine “coming out” con “outing” e che si debba beccare la reprimenda di Loredana De Petris di LeU che, al grido d’allarme del capo del Carroccio contro i Paesi in cui vige la pena di morte contro i gay, gli ricorda il manifesto “Dio, patria e famiglia” vergato dal primo ministro dell’Ungheria Viktor Orban e firmato dallo stesso Salvini.

Il resto del dibattito è una congerie di interpretazioni para-giurisprudenziali, apocalittiche e penitenziali-religiose della legge Zan, il tutto frequentemente ricamato da lapsus, proverbi e citazioni musicali, come fa il senatore di Fratelli d’Italia Luca De Carlo, che menziona Marco Masini e il suo “Perché lo fai?” dedicato a una ragazza tossicodipendente, nonché un non precisato adagio per dire che la destra è più bella della sinistra. Sandra Lonardo in Mastella (Gruppo Misto), che nell’emozione del momento parla di “ddl Zen”, accusa il primo firmatario della legge e “i suoi alfieri” di andare in tv a raccontare “dell’urgenza della repressione di questo pseudo-pericolo dell’omofobia“. Sonia Fregolent della Lega ammonisce severamente i parlamentari del centrosinistra: “Giù le mani dai bambini! (…) Vorrei sapere cosa pensereste se vi fosse proposto di istituire anche una giornata contro l’eterofobia o per l’orgoglio etero. Chissà dove andremo a finire”. Le fa eco l’ex M5s Tiziana Drago che, dai banchi della Lega, erudisce il pubblico su “produzioni cinematografiche, talk-show e addirittura cartoni animati per bambini”, finalizzati a “informare a senso unico la popolazione”.

L’ex pentastellato e ora leghista Francesco Mollame rievoca Freud che “parlava di libdo” (libido, ndr). Il collega Stefano Lucidi, anch’egli passato dal M5s al Carroccio, si dice preoccupato di tutte le mascherine color arcobaleno indossate in Aula dagli ex compagni di partito. La succitata senatrice Marin della Lega allerta tutti sull’esistenza dell‘”odio omofono e misogeno”, oltre ad adombrare “misure di custodia cautelari e intercettazioni” a danno di chi è contrario al ddl Zan. E, a riguardo, Nadia Pizzol della Lega si chiede: “Non comprendo come una trentina di aggressioni annue, perlopiù verbali, nei confronti delle persone Lgbt possano costituire un’emergenza nazionale e motivo per approvare questo disegno di legge. Ma per favore, dai”.

Per fortuna, la stessa senatrice leghista sottolinea di non avere “nessuna fobia nei confronti degli omosessuali e di tutte le altre categorie Lgbt”, perché sono “persone degne di rispetto ed esattamente come tutti”, un po’ come cantava Checco Zalone nella sua hit “Gli uomini sessuali”.

Nonostante Giovanbattista Fazzolari di Fratelli d’Italia rivendichi con forza il fatto che non ci sia ‘nessuno meno bigotto e più inclusivo’ del suo partito e della sua leader, citando anche le ‘cene eleganti’ di Silvio Berlusconi come esempio dell’ipocrisia della sinistra ‘che ha l’abitudine di guardare dal buco della serratura con chi si accoppiano gli italiani’, il miglior campionario di ‘cherry picking’ proviene proprio dal partito guidato da Giorgia Meloni e dal resto del centrodestra: dal leghista Simone Pillon, che, oltre a narrare gli orrori della teoria gender, pone l’attenzione sugli avidi acquirenti di bambini su Internet e sulla obbligatorietà dell'”ora di gender” con l’approvazione del ddl Zan fino a Lucio Malan di Forza Italia, che perora la causa dei ‘diversi’ e di chi la pensa in modo differente dilungandosi, nella terza giornata, in un torrenziale monologo contro i circoli omosessuali e la pedofilia e rimediando il plauso del presidente di turno, Ignazio La Russa.

Altro vessillo del centrodestra è il tema della discriminazione che il ddl Zan attuerebbe nei confronti di altre categorie sociali. Secondo Giacomo Caliendo di Forza Italia, il testo della legge è più fascista del codice Rocco. La Russa, invece, si immerge nei suoi ricordi e narra il suo calvario di giovane di destra discriminato a scuola e all’università dai “Cirinnà dell’epoca”.
Manuel Vescovi della Lega non poteva non brandire l’inevitabile “presepe” come motivo di discriminazione, commuovendo l’Aula con l’aneddoto di una bimba di 7 anni che lo avrebbe turbato con la domanda dalle cento pistole: “Ma due donne e due uomini si possono sposare?”.

Andrea Cangini di Forza Italia si spinge oltre, puntando il dito contro la legge Mancino, definita ‘illiberale’ e ‘sbagliata’: “Ogni gruppo sociale o gusto sessuale, ricompreso di volta in volta in quella legge, crea un vuoto rispetto ad altri gruppi sociali e lede di fatto i diritti di altri gruppi sociali e di altre categorie. (…). Allora che facciamo? Mettiamo anche i ciccioni tra le categorie che la legge Mancino protegge? O i portatori di occhiali, i cacciatori, i vegani?“. Sulla stessa lunghezza d’onda è Gianpietro Maffoni di Fratelli d’Italia che nell’elenco dei ‘discriminabili’ include anche i senzatetto e chiede con trepidazione: “Cosa potremmo fare se un domani qualcuno dovesse sentirsi di appartenere al genere animale oppure di provenire da un altro pianeta?”.

Immancabile nei monologhi dei parlamentari di centrodestra è il riferimento al calcio, come puntualmente fa Pillon per sostenere le sue note tesi: “Tutti noi abbiamo esultato per l’Italia che ha vinto la finale degli Europei. I nostri beniamini, i nostri giocatori non hanno telefonato al genitore 1 o al genitore 2. Hanno chiamato la mamma! E le hanno detto: ‘Ciao mamma, guarda quanto sono stato bravo. Ho vinto!'”. Massimiliano Romeo della Lega, invece, utilizza la metafora sportiva per bollare il dibattito sulla legge Zan come una partita di calcio. E avverte il centrosinistra: “Tutto dipende da come giocate. Se il modulo è ‘O Zan così com’è o morte’, copiando un po’ lo schema di qualche tempo fa ‘O Conte o morte’, beh, ricordatevi come è andata a finire”.

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