di Sara Passante*

Con l’affievolirsi dei limiti posti al “blocco” generalizzato dei licenziamenti diventano particolarmente rilevanti le disposizioni contenute nel D.L. 8 aprile 2020 n. 23, convertito in L. 5.6.2020 n. 40.

Tali disposizioni, come noto, prevedono misure per il sostegno alla liquidità delle imprese con l’intervento di garanzie straordinarie da parte di SACE spa, società con socio unico Cassa Depositi e Prestiti specializzata nel sostegno alle imprese. La Legge di Bilancio 2021 ha previsto una proroga delle garanzie rilasciate da SACE alle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19 dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021, mentre l’art. 13 c.1 lettera a) del D.L. 73/2021 ha prorogato l’operatività di tale misura sino al 31.12.2021.

L’accesso ai finanziamenti “speciali” con previsioni agevolate e garanzia da parte di SACE spa è condizionato (tra l’altro) all’impegno delle imprese beneficiarie, ai sensi dell’art. 1 c.2 lettera l) del DL liquidità, a definire con accordi sindacali, per tutta la durata del finanziamento, “i livelli occupazionali”; dette imprese, ai sensi della lettera n) della medesima disposizione sono altresì tenute a destinare il finanziamento coperto dalla garanzia “a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia…”.

Si tratta di criteri e condizioni che rispondono a specifiche esigenze di politica del lavoro. Lo scopo del Legislatore è quello di influire sulle scelte imprenditoriali “uniformandole” alle decisioni “programmatiche” che hanno caratterizzato buona parte della legislazione emergenziale, e che hanno visto nella collaborazione con le parti sociali e nel divieto assoluto di licenziamento con garanzia di accesso agli ammortizzatori sociali “a carico” dello Stato due assi fondamentali.

Le imprese garantite non dovrebbero dunque intervenire unilateralmente sui livelli occupazionali. Il limite al potere organizzativo dell’imprenditore è diretta conseguenza della scelta dell’imprenditore medesimo di accedere al prestito garantito dallo Stato. Non si pone dunque alcuna questione di violazione dell’art. 41 c.1 della Costituzione.

Le controparti sindacali che, ai sensi delle disposizioni citate, possono stipulare accordi di gestione dei livelli occupazionali, non possono che essere le RSA o le RSU o, in via residuale e sussidiaria, le Organizzazioni Sindacali territoriali. Dal momento che le disposizioni di legge relative ai prestiti con garanzia SACE fanno riferimento alle singole imprese, gli accordi di cui trattasi dovrebbero essere di tipo aziendale; ove non fossero presenti a livello aziendale RSA o RSU, l’intesa dovrebbe coinvolgere le associazioni sindacali territoriali, analogamente a quanto accade nelle procedure di licenziamento collettivo o di trasferimento di azienda.

La misura di sostegno alla liquidità in favore delle imprese, così come congegnata dal Legislatore interno, è stata autorizzata dalla Commissione Europea in quanto ritenuta compatibile con le indicazioni e le finalità individuate nel “Temporary Framework” del 19.3.2020. L’intervento pubblico “mirato” previsto dal D.L. n. 23 del 2020, nelle intenzioni del Legislatore, è volto sia a proteggere le imprese dalla crisi di liquidità indotta dalla pandemia, sia i lavoratori che in tali imprese prestino l’attività lavorativa dal rischio di disoccupazione e perdita di reddito.

L’interesse (di rilevanza pubblica) al corretto utilizzo delle risorse finanziarie legittima pertanto il Sindacato, benché non direttamente coinvolto (quale contraente) nel contratto di finanziamento, ma quale “soggetto” rappresentativo di interessi particolarmente meritevoli di tutela secondo la chiara volontà del Legislatore, ad esigere da parte dell’impresa beneficiaria della garanzia Sace il rispetto dell’impegno a gestire con accordo sindacale i livelli occupazionali.

Il carattere generale dell’interesse tutelato e la rilevanza sociale degli interessi in gioco imprimono alla disposizione natura imperativa. Nel contempo, sembra configurarsi un obbligo di codeterminazione con le organizzazioni sindacali dei livelli occupazionali in capo all’imprenditore beneficiario della garanzia statale. Diversamente ragionando non si realizzerebbero le finalità che sono alla base dell’intervento pubblico e sarebbe consentito al beneficiario degli aiuti di Stato di sottrarsi agli impegni assunti.

L’utilizzo dei finanziamenti nel rispetto delle ragioni e delle condizioni individuate dal legislatore assumerà comunque una specifica valenza anche nella valutazione della legittimità dei licenziamenti individuali e/o collettivi.

Il generale contesto innanzi delineato induce ad una rievocazione dell’art. 36 dello Statuto dei Lavoratori. La disposizione statutaria stabilisce l’obbligo, in capo alle imprese che siano beneficiarie di agevolazioni finanziarie e creditizie, di applicare nei confronti dei lavoratori “condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona…. per tutto il tempo in cui l’impresa beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato”. Né può dimenticarsi che in particolari momenti storici sono state introdotte nel nostro ordinamento disposizioni speciali che vincolavano le imprese (in particolare nel Mezzogiorno) a mantenere in forza il numero di dipendenti funzionale al normale esercizio dell’attività produttiva.

La disposizione del D.L. Liquidità offre dunque spunti interpretativi per soluzioni innovative che trovano radici nel passato.

* Avvocata giuslavorista, vivo ed esercito la professione a Bologna, sempre dalla parte dei lavoratori. Nel più ampio costante confronto con tutte le problematiche connesse al diritto del lavoro, ho approfondito negli ultimi anni i temi della tutela antidiscriminatoria.

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