Molte notizie dei giornali odierni spostano l’attenzione dei lettori dai veri e gravissimi problemi economici che ci stanno immiserendo a velocità supersonica sul discusso ddl Zan e sulla liberalizzazione dei comportamenti anti-Covid.

Quanto al disegno di legge Zan, mi limito ad osservare che l’articolo 3 della Costituzione sancisce, al comma primo, che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E la chiarezza di questa disposizione non ha bisogno di alcun commento.

Per quanto concerne l’indirizzo governativo sulle limitazioni per il Covid, ampliato dai megafoni dei mass media, ricordo che l’articolo 32 della Costituzione sancisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Anche qui mi astengo da qualsiasi commento e sottolineo soltanto che la salute, in Costituzione, ha un valore assoluto, che riguarda sia il singolo sia la collettività. Fatto che impone al governo, che deve essere scevro da influenze esterne, il massimo rigore per la tutela della salute individuale e collettiva.

Il vero problema che si legge oggi sui giornali è quello che riguarda la “macelleria sociale” che stanno compiendo le multinazionali straniere, dopo aver acquistato, a prezzi stracciati, le nostre industrie strategiche. Una forte spinta a tale nefasta operazione è stata data dallo sblocco dei licenziamenti, i quali cominciano a colpire in massa la vita di centinaia di lavoratori, che si vedono gettati sul lastrico, con le loro famiglie, da un momento all’altro.

È da sottolineare che si tratta di provvedimenti adottati in una situazione che prevede crescita e sviluppo economico e quindi non è giustificata da una mancanza di domanda. Questi provvedimenti, invero, sono effetto dell’azione predatoria, illecita, immorale e incostituzionale dei fondi stranieri, che non esitano a chiudere industrie italiane al solo fine di distribuire tra i soci i profitti accumulati fino a un certo momento, senza pensare alla disoccupazione che provocano, unitamente al danno economico inferto all’intera economia italiana.

È il caso dell’industria Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto, in provincia di Monza in Brianza. La storica fabbrica di ruote d’acciaio la cui direzione ha chiuso lo stabilimento, dandone comunicazione ai suoi dipendenti con un breve messaggio alla fine del turno pomeridiano. Detta industria è in proprietà del fondo tedesco Quantum Capital Partners, con sede in America, il quale pratica questo sistema da tempo e ha già gettato sul lastrico migliaia di lavoratori italiani.

Ciò comporta, ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, in combinato disposto con l’articolo 1418 del Codice civile, la nullità, da far valere davanti al giudice ordinario dagli stessi lavoratori, del provvedimento posto in essere, in quanto contrario al principio precettivo e imperativo dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e della dignità umana (art. 41 Cost.). Ma c’è di più: infatti, ai sensi dell’articolo 42, comma 2, secondo il quale “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, si deve ritenere che la chiusura dell’industria Gianetti Ruote, impedendo illecitamente il perseguimento della funzione sociale dell’industria medesima, ha fatto venir meno il riconoscimento e la garanzia del diritto di proprietà privata da parte del proprietario.

Il che significa che questa ignobile operazione, secondo precise norme imperative della Costituzione italiana, ha tolto la proprietà privata al proprietario nominale e ha ricondotto l’industria di cui si parla là da dove era venuta, cioè nella proprietà pubblica sovrana degli italiani.

A questo punto il Governo Draghi dovrebbe emettere un decreto legge che dichiari, in osservanza a quanto stabilito dalla Costituzione, che l’industria Gianetti Ruote deve intendersi riconquistata dalla proprietà pubblica demaniale del popolo sovrano. Questo stesso decreto legge potrebbe anche prevedere che detta industria strategica sia affidata a comunità di lavoratori e di utenti, ai sensi dell’articolo 43 della Costituzione.

Se il governo tacesse di fronte a questo fenomeno, si porrebbe contro gli interessi dell’economia nazionale e contro i principi fondamentali della Costituzione, il cui effetto non potrebbe essere altro che quello della decadenza dei suoi poteri di imperio, con le conseguenze che ciò comporta.

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