Me lo ricordo bene, Lorenzo Bozano, morto il 30 giugno a 76 anni mentre faceva il bagno davanti alla spiaggia di Bagnaia, all’isola d’Elba, probabilmente per un infarto, e condannato all’ergastolo per il rapimento e il conseguente omicidio della tredicenne Milena Sutter, figlia dell’industriale svizzero naturalizzato italiano, Arturo Sutter (quello della cera Emulsio).

Lo vedevo spesso, Bozano, a fine anni ’60-primi ’70 in piazza Orsini, nella zona di Albaro, a Genova, al “bar del pappagallo” (c’era davvero un pappagallo…). Arrivava con la sua Giulietta Spider rossa, scassatissima, sempre inforcando un paio di Ray-Ban. Chiacchierava con i suoi amici, tutti più grandi di me. Ironia della sorte, bazzicava in piazza Orsini, ogni tanto, anche il professor Aldo Franchini, noto medico legale, scomparso nel 1987, che eseguirà poi l’autopsia sul corpo della ragazzina per la cui uccisione Bozano verrà accusato e condannato. E chissà perché lo chiamavano “il biondino”, il Bozano, visto che aveva i capelli castani. E anche quel diminutivo era sbagliato perché non era affatto esile.

Milena Sutter sparisce alle 17:00 del 6 maggio 1971. Esce dalla Scuola Svizzera di via Peschiera (oggi non c’è più la scuola, ma solo l’Unione Elvetica). Abita in via Antonio Mosto, ad Albaro, dove la attende invano una professoressa che deve impartirle una lezione privata di storia. Si saprà poi, dal referto autoptico, che la morte di Milena sarebbe avvenuta poco dopo le 18:00 dello stesso giorno e che il corpo fu nascosto sul monte Fasce. Già il giorno successivo sarebbe stata prelevata e gettata in mare, con sei chili di pesi da sub addosso, dall’assassino (Bozano era un sub, ma quei pesi pare non fossero i suoi).

Il corpo riappare quindici giorni dopo, il 20 maggio, a 300 metri dal bagnasciuga della spiaggia di Priaruggia, zona di Quarto, spesso affollata da bagnanti. Lo trovano due pescatori che lo scorgono dalla barca. E il riconoscimento avviene, dopo una prima autopsia, solo grazie a una collanina. Già il giorno dopo la sua sparizione, il padre aveva risposto a una telefonata di un uomo che gli chiedeva 50 milioni (del 1970!) se avesse voluto rivedere viva la figlia. Il signor Sutter avrebbe dovuto depositare la somma in una fioriera della passeggiata a mare genovese dove, invece, venne ritrovata solo la borsa di Milena.

Lorenzo Bozano, nato in una famiglia “bene” genovese, i Costa (quelli delle allora Costa Crociere), viene arrestato subito. Perché? Era stato visto – raccontavano i residenti e le compagne di classe che, però, non riconoscono Bozano, ma solo l’auto – nei pressi della casa e della scuola di Milena, anche se pare che anche un altro personaggio, tale Claudio (questo davvero biondino e magro con una Giulietta Spider rossa, ma nuova di trinca) bazzicasse nelle aree frequentate dalla ragazzina che, come fanno tante adolescenti, aveva scritto sulla sua cartella proprio il nome “Claudio”. Paolo Bozano, il padre di Lorenzo, aveva in un certo senso contribuito a incastrare il figlio perché aveva raccontato agli inquirenti di alcuni precedenti di Lorenzo (eccessive pulsioni sessuali, piccoli furti).

A Genova si era diffusa anche la diceria che Bozano si attaccasse alle scarpe degli specchietti per vedere sotto le gonne delle ragazze sulle scale mobili della Rinascente. Inoltre aveva addosso il telefono della Scuola Svizzera e, soprattutto, non aveva un alibi. Infine, aveva farneticato con alcuni amici, dopo il rapimento, l’anno precedente, di Sergio Gadolla (poi liberato dalla banda XXII ottobre), che un altro sequestro si poteva fare. Molti indizi (23 per la precisione), ma nessuna prova. Bozano viene assolto in primo grado, ma condannato in appello e in Cassazione, nel ’76, per rapimento e omicidio di Milena (tramite soffocamento). Ma riesce a fuggire in Francia, poi in Africa, poi ancora in Francia dove viene arrestato a inizio ’79 (fermato perché non aveva le cinture di sicurezza in auto!). L’Italia otterrà l’estradizione solo attraverso la Svizzera.

Rinchiuso nel penitenziario di Porto Azzurro, all’Elba, dichiaratosi sempre innocente, ci rimarrà fino al 1989 quando ottiene la semilibertà. Mette su un allevamento aviario, ma si becca una grossa multa per evasione fiscale, oltre a tentare un abbordaggio a una minorenne a Livorno – lei prima nega le molestie, ma poi le conferma – fingendosi un agente di polizia (lui dichiarò che la ragazzina spacciava con il fratellino). E, nel ’96, dà l’addio ai benefici di legge. Dovrà attendere fino al 2019 per riottenere la semilibertà. E in semilibertà è morto, nuotando.

Un professore di giornalismo, Maurizio Corte, e una criminologa, Laura Baccaro, hanno scritto un approfondito libro (Il biondino della spider rossa. Crimine, giustizia e media) in cui, pur non abbracciando la tesi innocentista, confutano molti dati che hanno portato alla condanna di Bozano. Ma ciò che non è confutabile, non è cancellabile, è la tragedia della morte di una ragazzina adolescente, chiunque sia stato a compiere quell’atto criminale e che oggi, in Italia, si ripete quasi quotidianamente: 31 donne sono state uccise dall’inizio del 2021.

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