“Non giudicare la realtà personale, sociale, degli altri. Dio ama tutti! Non giudicare, lasciate vivere gli altri e cercate di avvicinarvi con amore”. Una frase per nulla casuale quella inserita da Papa Francesco alla fine della meditazione con la quale ha introdotto la preghiera mariana dell’Angelus, recitata coi fedeli presenti in piazza San Pietro. Parole che arrivano al termine di una settimana rovente nei rapporti tra il Vaticano e l’Italia dopo la pubblicazione della nota verbale con la quale la Segreteria di Stato ha puntato il dito contro il ddl Zan. Per la Santa Sede, infatti, il disegno di legge contro l’omotransfobia viola l’accordo di revisione del Concordato che fu firmato nel 1984 tra l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e il cardinale segretario di Stato dell’epoca, Agostino Casaroli. Una prassi non certo inedita quella della nota verbale che, come ha ricordato anche Stefano Andreotti, figlio dell’ex leader democristiano, fu usata anche in occasione della legge sul divorzio.

Francesco è rimasto in silenzio mentre il dibattito, anche sulla necessità di rivedere il Concordato tra il Vaticano e l’Italia, si andava infiammando. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha confermato che la nota verbale era stata condivisa e approvata da Bergoglio. “Il principio – ha affermato il porporato – è che di tutto quello che si fa si informano sempre i superiori”. Ribadendo, inoltre, le forti criticità della Santa Sede sul ddl Zan espresse al governo italiano. All’Angelus, però, il Papa si è evidentemente smarcato, come sottolineano da Casa Santa Marta, anche se in un dribbling non certo facile per evitare di scontentare sia i conservatori che i progressisti, entrambi gli schieramenti profondamente delusi da questi otto anni di pontificato.

La difficoltà di governo si è notata anche nell’appello accorato che Francesco ha fatto al termine dell’Angelus: “Vi chiedo di pregare per il Papa. Pregate in modo speciale: il Papa ha bisogno delle vostre preghiere! Grazie. So che lo farete”. Il segno di un accerchiamento evidente che, però, pone anche diverse domande. Come, infatti, ha sottolineato il teologo Vito Mancuso, dopo otto anni di pontificato è difficile, se non impossibile, sostenere ancora la tesi del Papa buono contro la Curia cattiva visto che Bergoglio in questo tempo ha provveduto a rinnovare la maggioranza dei capidicastero. Una tesi, però, rispolverata a ogni crisi di governo, compresa quella sul ddl Zan. Ed è forse per ricompattare la Chiesa se il Papa da tempo non è più esplicito sui diritti delle persone omosessuali come lo era stato poco dopo la sua elezione quando disse: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”. Precisando che il Catechismo della Chiesa cattolica sostiene che “non si devono emarginare queste persone per questo, devono essere integrate in società. Il problema non è avere questa tendenza, no, dobbiamo essere fratelli”.

Ripercorrendo il brano del Vangelo che racconta la guarigione dell’emorroissa, Francesco ha affermato: “La malattia più grande della vita, qual è? Il cancro? La tubercolosi? La pandemia? No. La malattia più grande della vita è la mancanza di amore, è non riuscire ad amare. Questa povera donna era malata sì delle perdite di sangue, ma, per conseguenza, di mancanza di amore, perché non poteva essere socialmente con gli altri. E la guarigione che più conta è quella degli affetti. Ma come trovarla? Noi possiamo pensare ai nostri affetti: sono ammalati o sono in buona salute? Sono malati? Gesù è capace di guarirli”. “Anche noi, – ha aggiunto il Papa – quante volte ci buttiamo in rimedi sbagliati per saziare la nostra mancanza di amore? Pensiamo che a renderci felici siano il successo e i soldi, ma l’amore non si compra, è gratuito. Ci rifugiamo nel virtuale, ma l’amore è concreto. Non ci accettiamo così come siamo e ci nascondiamo dietro i trucchi dell’esteriorità, ma l’amore non è apparenza. Cerchiamo soluzioni da maghi da santoni, per poi trovarci senza soldi e senza pace, come quella donna”.

Bergoglio ha spiegato che “Gesù non guarda all’insieme, come noi, ma guarda alla persona. Non si arresta di fronte alle ferite e agli errori del passato, ma va oltre i peccati e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo una storia, e ognuno di noi, nel suo segreto, conosce bene le cose brutte della propria storia. Ma Gesù le guarda per guarirle. Invece a noi ci piace guardare le cose brutte degli altri. Quante volte, quando noi parliamo, cadiamo nel chiacchiericcio, che è sparlare degli altri, ‘spellare’ gli altri. Ma guarda: che orizzonte di vita è questo? Non come Gesù, che sempre guarda il modo di salvarci, guarda l’oggi, la buona volontà e non la storia brutta che noi abbiamo. Gesù va oltre i peccati. Gesù va oltre i pregiudizi. Non si ferma alle apparenze, arriva al cuore Gesù. E guarisce proprio lei, che era scartata da tutti, un’impura”.

Da qui l’appello del Papa ai fedeli: “Sorella, fratello, sei qui, lascia che Gesù guardi e guarisca il tuo cuore. Anch’io devo fare questo: lasciare che Gesù guardi il mio cuore e lo guarisca. E se hai già provato il suo sguardo tenero su di te, imitalo, e fai come lui. Guardati attorno: vedrai che tante persone che ti vivono accanto si sentono ferite e sole, hanno bisogno di sentirsi amate: fai il passo. Gesù ti chiede uno sguardo che non si fermi all’esteriorità, ma vada al cuore; uno sguardo non giudicante, finiamo di giudicare gli altri, Gesù ci chiede uno sguardo non giudicante, ma accogliente. Apriamo il nostro cuore per accogliere gli altri. Perché solo l’amore risana la vita”. Parole destinate ad alimentare il dibattito, dentro più che fuori la Chiesa. Ma anche ad alimentare confusione su quale sia davvero la linea del Vaticano.

Twitter: @FrancescoGrana

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