Ennesima ingerenza del Vaticano. Sul ddl Zan, nello specifico. E quindi sulla politica interna dello Stato Italiano che almeno sulla carta è libero, sovrano e laico. Il fatto dice molto più di quello che siamo dispostə a credere. Ma andiamo per ordine.

Ricostruendo: il ddl Zan è in Parlamento da almeno due anni. Ci sono stati tutti i tempi tecnici per leggere il testo, modificarlo, sentire tutte le parti in gioco. E sorprenderà sapere che così è stato: è stata introdotta la clausola “salva-idee” che permetterà di dire a preti e fascisti che l’omosessualità è peccato o peggio ancora. C’è stata la mediazione con moderatə di ogni ordine e grado. E il testo votato alla Camera è il risultato di una mediazione che ha già tenuto conto del fatto di vivere in un paese sub-culturalmente asfittico. O, in una parola, cattolico. E non me ne vorrà chi crede: le mie posizioni si collocano nel quadro di quella libertà di pensiero che si dice di voler difendere.

Si badi: allo stato attuale, dopo il voto alla Camera, c’è un solo passaggio per portare la legge a casa: votarla al Senato così com’è. Qualsiasi modifica farebbe ripartire i giochi da zero. Chi vuole modificare il testo, dunque, lo fa nella consapevolezza che ciò affosserebbe il ddl Zan. E non ci sono i tempi tecnici per riprendere tutto l’iter entro questa legislatura. Tra qualche mese ci saranno giochi politici ben più febbrili, tra finanziaria, Recovery e semestre bianco.

Tornando al ddl Zan: punisce la violenza e le discriminazioni concrete, non le idee. Poi prevede un capitolo sulla sub-cultura di cui sopra. Cercando di trasformare il fiato corto di una visione clericale della società in un respiro più ampio che possa traghettare il nostro tra i paesi più civili. Questo è importante da capire, perché è proprio su questo punto che si è messa di traverso la Santa Sede. La paura della Chiesa non è perdere la “libertà” di dire a messa che i gay vanno compatiti, al massimo, ma mai giustificati – tradotto: discriminati – ma quella di perdere terreno culturale sulla costruzione di una società più inclusiva.

La nuova paura è quella di vedersi imporre nelle proprie scuole la celebrazione della Giornata contro l’omo-bi-lesbo-transfobia. Ammettendo, implicitamente, che le scuole cattoliche hanno qualche problema con il contrasto dei sentimenti d’odio contro la comunità Lgbt+ (epic fail che, se non fosse tragico, sarebbe solo ridicolo nella sua goffaggine). Eppure, basta leggere il ddl per capire che non esiste alcuna imposizione. Le scuole che vorranno celebrare il 17 maggio potranno farlo. Nessun obbligo per chi farà altrimenti.

Il Vaticano però agita questo spettro. Perché? Una legge che agisce sulla cultura toglie terreno al pregiudizio. La Chiesa è un’istituzione che ha fatto dei pregiudizi contro le persone Lgbt+ terreno ideologico funzionale alla pressione politica. Ricordate i family day? Ecco. La sensazione, dunque, è che adesso tema di avere una freccia in meno al suo arco.

Su questo punto bisogna essere chiarissimə: la lotta è tutta sull’impianto culturale. Perché anche la Chiesa, a parole, condanna aggressioni e violenze. Ma non perché riconosce le persone Lgbt+ e le loro vite. Rientra, semmai, in quel diffuso pietismo che salva le apparenze, ma non cambia la sostanza. E la sostanza è che stiamo parlando di un’istituzione ancora ferma a Sodoma e Gomorra per affrontare la complessità delle identità sessuali non conformi. E che usa il discorso sulle sessualità come strumento di controllo sociale.

Nessun ente di potere rinuncia volontariamente a strumenti di controllo, soprattutto se essi si rivelano efficaci allo scopo per cui vengono adoperati. Solo che così mantiene in vita le ragioni culturali e psicologiche di massa per cui poi certe violenze, certe aggressioni e le discriminazioni trovano giustificazione. Sintetizzando ancora: la chiesa fa il suo lavoro. Se poi è un lavoro sporco, lo lasceremo dire alla storia. Come per le crociate, la caccia alle streghe, la tratta degli schiavi, l’alleanza col fascismo e tanti altri capitoli del ciò che è stato, grazie anche ad essa.

Poi è il turno della politica. Che deve rispondere, adesso, ricordando due cose:

1) il ddl Zan o passa così com’è o non passa;

2) siamo uno Stato laico che non prende ordini dai preti.

Poi ok, abbiamo una classe dirigente nel migliore dei casi incapace – se non connivente con molte forme di omo-bi-lesbo-transfobia – ma la risposta dovrebbe essere quella di andare avanti per la propria strada. Per tutelare la società civile e i suoi bisogni. Nonché le istituzioni democratiche. Tenendo quanto più lontana l’ingerenza ecclesiastica. E abolire il Concordato, a tal proposito, sarebbe un’ottima idea.

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