Vaccinare sì, ma prima le categorie a rischio. Poco prima che in Italia si riaccendesse il dibattito sul vaccino Astrazeneca – offerto negli Open day agli over 18 nonostante l’Aifa lo abbia raccomandato agli over 60 da mesi – il problema più urgente della campagna vaccinale in Italia era convincere, rintracciare e immunizzare gli over 60, categoria considerata a rischio in caso di contagio da Sars Cov 2. Come fare a proteggere questa categoria? Ilfattoquotidiano.it ha chiesto al professor Guido Silvestri, professore ordinario e direttore del dipartimento di Patologia Generale e Medicina di Laboratorio alla Emory University di Atlanta (Usa), perché è così importante che i 2 milioni di 60enni che mancano all’appello sono importanti per sconfiggere il coronavirus che provoca Covid 19 e ha causato quasi 4 milioni di morti nel mondo.

In Italia mancano, stando alle dichiarazioni del commissario Francesco Figliuolo, 2 milioni di 60enni non hanno ancora ricevuto la prima dose di vaccino. Cosa ne pensa?
​Penso che dobbiamo fare il possibile per accelerare i programmi di vaccinazioni, per tutti, ma soprattutto per i soggetti più fragili tra cui quelli che hanno passato i 60-65 anni. Dobbiamo farlo in Italia come nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, ma non solo, in ogni Paese, a livello globale. In altre parole, dobbiamo fare il possibile per limitare la circolazione del virus ad ogni livello.

Come fare a convincere gli indecisi?
​Bisogna fare buona informazione, spiegando con grande pazienza ed accuratezza che questi vaccini sono sicuri ed efficaci. Poi bisogna cercare di sfatare con fermezza e senza compromessi tutte le leggende che vengono dall’universo no-vax, tipo quella dei vaccini che ci fanno diventare tutti come degli OGM (organismi geneticamente modificati) e quella dei vaccini che contengono nanoparticelle di metalli pesanti e tossici. A mio avviso sarà anche importante dare degli incentivi importanti a chi si vaccina, e qui probabilmente l’incentivo più convincente è quello di permettere ai soggetti pienamente vaccinati di tornare a fare una vita del tutto normale.

L’Italia a differenza di alcuni Paesi non ha mai avuto una campagna di comunicazione. Questo ha inciso?
​Difficile dire. Le campagne di comunicazione servono, ma è anche vero che può funzionare molto bene il passaparola e l’impegno dei singoli, a partire dai professionisti della sanità, nel ricordare a tutti l’importanza delle vaccinazioni per farci uscire da questo incubo pandemico. In questo, da marchigiano emigrato da decenni in America, devo dire che sono molto orgoglioso dell’efficienza con cui la campagna vaccinale procede nelle Marche!

La “mancanza” di una parte della fascia di popolazione – come quella dei 60enni – quanto rischia di indebolire la campagna vaccinale? Ha ancora senso parlare di immunità di gregge?
In realtà nessuno sa con precisione quale percentuale di persona dovrà essere vaccinata per arrivare ad un livello alto di immunità di comunità (o di gregge). Alcuni esperti parlano di 60-70% di persone pienamente vaccinate, altri, più pessimisti, pensano che bisognerà andare sul 80% e forse più. Le incognite principali sono la durata della protezione conferita dalla immunizzazione con i vaccini e la capacità di alcune varianti del virus di ridurre l’efficacia di alcuni vaccini, come per esempio la cosiddetta variante indiana B.1.167.2, soprattutto nei soggetti che hanno ricevuto una sola dose del vaccino AstraZeneca, come stiamo vedendo in questi giorni nel Regno Unito. Infine, sarà molto importante essere pronti alla possibilità di fare un richiamo vaccinale verso la fine del 2021.

In questi giorni si parla di immunizzare i giovanissimi, anche gli under 12. Cosa ne pensa?
​Personalmente sono del tutto favorevole alla vaccinazione dei giovani, adolescenti e bambini compresi. Infatti i miei due figli più grandi (17 e 15 anni) sono già stati vaccinati, e anche il piccolino (11 anni) è stato inserito nel trial clinico degli under 12 della Moderna. Penso che più favorevole di così sia difficile esserlo! Naturalmente poi bisogna essere onesti nel discutere con i genitori i rischi della vaccinazione, che in realtà sono molto limitati, con onestà e trasparenza, senza negarne l’esistenza.

C’è chi sospetta che si vogliano coinvolgere nell’immunizzazione i più giovani perché non si è riusciti a proteggere ancora le fasce più a rischio.
​In realtà la logica è diversa. Mentre le morti ed i ricoveri ospedalieri da COVID probabilmente si potrebbero ridurre anche semplicemente vaccinando i soggetti ad alto rischio, a partire dalle persone anziane, il rischio di questa scelta è che il virus continui a circolare tra i più giovani e questo potrebbe favorire lo sviluppo di varianti più abili a trasmettere, magari anche tra la popolazione vaccinata. Ecco perché bisognerebbe vaccinare quante più persone possibile il più presto possibile.

Dai Cdc e dal ministero della salute di Israele sono stati registrati casi di miocardite tra i più giovani. Cosa significa?
​La miocardite è una infiammazione del muscolo cardiaco che si manifesta di solito entro alcuni giorni dalla seconda dose di vaccino con sintomi come aritmie, dolori al petto e difficoltà a respirare, soprattutto in soggetti di sesso maschile, mentre la diagnosi viene confermata attraverso la valutazione dell’elettrocardiogramma e della troponina nel siero. Al momento la condizione sembra molto rara, e nella maggior parte dei casi descritti si è risolta presto e senza postumi dopo trattamento con riposo e farmaci anti-infiammatori. Per questo il CDC continua a raccomandare la vaccinazione a tutti i ragazzi sopra i 12 anni.

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