C’è una nuova ipotesi al vaglio dei consulenti della procura di Verbania chiamati a fare luce sulle cause dell’incidente del 23 maggio, costato la vita a 14 persone, sulla funivia Stresa-Mottarone: la rottura della fune traente all’altezza dell’attacco del carrello potrebbe essere dovuta all’impiego massiccio dei forchettoni. Gli accertamenti tecnici, si spiega in ambienti investigativi, sono piuttosto laboriosi e richiederanno, fra l’altro, un accesso all’interno della cabina, che è ancora sul posto e che potrà essere rimossa solo con una serie di accorgimenti.

I ‘forchettoni’ sono dei ceppi che impediscono al freno di emergenza di scattare, interrompendo la corsa in casi di imprevisti. Durante il normale orario di servizio devono essere rimossi ma il 23 maggio sono stati lasciati sulla cabina 3. Le indagini hanno appurato che questo espediente – non consentito – era stato adottato diverse volte nel corso del mese e forse anche in precedenza a causa di un’anomalia che faceva scattare i freni. Venerdì sono emersi infatti alcuni video, risalenti anche al 2014 e mostrati dalla tv tedesca Zdf, nei quali si vedono i ceppi inseriti.

L’emittente pubblica tedesca ha inviato alla procura di Verbania i filmati, che potrebbero imprimere una svolta all’inchiesta sul perché la cabina 3 è precipitata portandosi via 14 vite. Le immagini sono state mostrate durante la trasmissione d’inchiesta “Frontal 21” e sono state fornite da videoamatore svizzero, Michael Meier. L’uomo è un appassionato di funivie e per questo da anni raccoglie immagini di impianti.

Al momento il caposervizio Gabriele Tadini ha dichiarato di aver messo le ganasce per dieci volte tra aprile e maggio del 2021 per impedire che il freno d’emergenza si attivasse troppo spesso e agli atti ci sono anche le dichiarazioni di un operaio che invece a verbale ha raccontato che i forchettoni erano applicati da tre settimane. Tadini è l’unico dei tre fermati dalla procura di Verbania per il quale la giudice per le indagini preliminari ha disposto la misura cautelare (arresti domiciliari) rimettendo invece in libertà gli altri due indagati, il gestore Luigi Nerini e il responsabile d’esercizio Enrico Perocchio.

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