È uscito per Bottega Errante Edizioni – editore che sta pubblicando notevoli volumi sul mondo balcanico, tra cui lo straordinario Me’med, la bandana rossa e il fiocco di neve di Semezdin Mehmedinovic, considerato, dal New York Times come uno tra i libri più belli scritti ultimamente – Shooting in Sarajevo di Luigi Ottani, a cura di Roberta Biagiarelli e con i contributi del generale Jovan Divjak, della giornalista Azra Nuhefendić, dello scrittore-giornalista Gigi Riva, del fotoreporter Mario Boccia e dello storico Carlo Saletti.
Si tratta di un libro originale e spiazzante, sia per quanto concerne l’aspetto visivo dato dalle fotografie, sia per quello che riguarda i testi scritti (tra tutti merita una menzione speciale, dal mio punto di vista, quello di Azra Nuhefendić, sensibile testimone oculare dalla capitale bosniaca durante il conflitto nella ex-Jugoslavia). Shooting in Sarajevo è un progetto iniziato nel 2015, quando Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli si sono recati in città per fotografare dagli stessi luoghi dai quali i cecchini cetnici tenevano sotto assedio gli abitanti venticinque anni fa. Ed è così che che il lettore si trova nella stessa posizione in cui allora “gli uomini della montagna” stazionavano giorno dopo giorno premendo il grilletto sulla popolazione inerme.
Un libro originale, con scatti riusciti e con parole, ad accompagnare la visione, incisive. Un lavoro che a tratti mi ha ricordato, per il suo appiglio fuori dagli schemi del “cartaceo di massa”, Survival Guide Sarajevo, scritto da Fama, una società di produzione indipendente che, nel periodo anteguerra, aveva lavorato principalmente con la televisione di Stato. Un lavoro che può essere letto come una versione di guerra di una guida Routard. I lettori, pagina dopo pagina, vengono condotti attraverso una città senza trasporti, alberghi, taxi, telefoni, negozi alimentari, riscaldamento, acqua, informazioni, elettricità.
È una cronaca che mostra Sarajevo come un luogo di sperimentazione, dove la creatività, obbligatoriamente cinica, riesce a vincere sul terrore quotidiano. Una mappa di sopravvivenza realizzata girando per le strade, parlando con le persone, vivendone gli stessi disagi e gli stessi lutti. Shooting in Sarajevo riesce ad avere lo stesso appeal: testimoniando il dopo, l’oggi, ci trasmette l’angoscia e la forza di ieri. Della Storia.
Un altro volume che fa dell’immagine la sua forza trainante è Stranger Than Kindness, di Nick Cave (traduzione di Luca Fusari, Il Saggiatore). Il frontman dei The Bad Seeds ci racconta come nascono le sue canzoni visionarie e allucinate attraverso un viaggio autobiografico fatto di scarabocchi, dipinti tracciati col sangue, collage, stracci raccolti nei mercati delle pulci.
In Stranger Than Kindness troviamo fotografie di un Cave bambino, adolescente, strafatto in uno sgabuzzino di Berlino, al concerto dei Saints, possiamo leggere testi di canzoni scritti a matita su ritagli di carta. Strampalato, lisergico, dannato, il volume è una godibilissima avventura dentro la testa di uno degli artisti più originali della contemporaneità. Stranger than kindness / Bottled light from hotels / Spilling everything / Wet hand from the volcano / Sobers your skin…